Guai seri per quanto riguarda i lavoratori dipendenti che adesso vengono considerati tutti dei furbetti e vengono pesantemente sanzionati. Nel 2025 addio stipendio, indennità e pensioni, perché una modifica all’istituto del licenziamento finisce con il penalizzare i lavoratori che rischiano di perdere tutto. Addio stipendio, indennità e pensioni, e tutto questo per via di una modifica che finisce con il demolire molti dei principi utilizzati fino ad oggi.
Addio stipendio, indennità e pensioni, il 2025 porta guai, ecco perché e per chi
Per capire bene di cosa parliamo, partiamo da lontano, e da una delle situazioni più diffuse e complesse del quadro previsto nei rapporti di lavoro tra dipendente e datore. Nel momento in cui un rapporto di lavoro deve interrompersi, magari perché entrambe le parti lo vogliono, si aprono due diverse problematiche. Da un lato c’è il datore di lavoro che vuole tutelare le sue prerogative. Dall’altro lato c’è il dipendente che vuole fare lo stesso. Il lavoratore dipendente gradirebbe essere licenziato, così da finire con il prendere l’indennità per disoccupati dall’INPS per la metà delle settimane lavorative degli ultimi 4 anni. Una indennità che si prende solo se la perdita del posto di lavoro del dipendente è involontaria.
Dall’altro lato c’è il datore di lavoro che gradirebbe le dimissioni volontarie del dipendente. Perché così eviterebbe di pagare il ticket licenziamento. Parliamo del corrispettivo che il datore di lavoro deve versare quando licenzia un dipendente. Un corrispettivo tanto maggiore quanto più anziano di servizio è il dipendente licenziato.
Riuscire a far conciliare queste due diverse prerogative è una delle cose più difficili da fare. Ma una novità del 2025 mette il pallino in mano al datore di lavoro. A scapito naturalmente dell’altra parte in causa, cioè il dipendente. Che adesso rischia davvero di essere licenziato e di dire addio a stipendio, indennità e pure alle pensioni come vedremo.
Le novità che rischiano di far dire addio a stipendio, indennità e pensioni a molti contribuenti
Una delle soluzioni più adottate in passato dai dipendenti per spingere il datore di lavoro al licenziamento che invece non vuole utilizzare quest’ultimo, erano le continue assenze dal posto di lavoro. In parole povere, il datore di lavoro non vuole licenziare? Allora il dipendente pur di non dare le dimissioni volontarie che come detto farebbero perdere la Naspi, si assenta continuamente.
Tanto, anche se il licenziamento è disciplinare, ovvero frutto di richiami e di sanzioni disciplinari, la Naspi era spettante. Fino ad oggi però. Perché ecco la novità che fa dire addio a stipendio, indennità e pensioni. Se il licenziamento proviene da troppe assenze ingiustificate, ecco scattare il nuovo limite. In questo caso il licenziamento diventa indotto e quindi paragonabile alle dimissioni volontarie.
Ecco cosa cambia adesso e perché c’è la nuova stretta
Niente Naspi quindi per chi si rende, almeno stando a ciò che poi sosterrà il datore di lavoro nel licenziamento, di troppe assenze ingiustificate. E se consideriamo che la Naspi oggi è un veicolo fondamentale per poter andare alcune volte in pensione, ecco che il guaio si moltiplica.
Chi dopo la Naspi potrebbe avere diritto alla pensione con l’Ape sociale o con la quota 41 per i precoci, cioè con due misure che hanno nei disoccupati una delle categorie a cui sono destinate, si trova in un guaio serio.
Perché se non può prendere la Naspi, evidentemente non potrà poi, al termine della Naspi andare in pensione con una qualsiasi delle due misure. E se qualcuno pensa di risolvere alla vecchia maniera, cioè facendosi assumere a termine da un altro datore di lavoro, magari con un paio di settimane di assunzione il più delle volte fittizia, solo per superare questo ostacolo delle dimissioni, è fuori pista.
Un’altra novità di recente introduzione mina questa possibilità. Infatti le nuove assunzioni dopo precedenti dimissioni, non possono essere più brevi di 3 mesi. Significa che bisogna trovare un nuovo lavoro che duri almeno 90 giorni per poter poi rientrare di nuovo nella Naspi. Ed evitare di dover dire addio a stipendio, indennità e pensioni.