Una pratica assai diffusa, illegale e negativa da diversi punti di vista è quella del lavoro nero. Ci sono settori dove il lavoro nero è diffuso molto e altri meno, ma in Italia questa pratica utilizzata in maniera fraudolenta è una autentica piaga. Gli effetti del lavoro nero vanno dalla sicurezza sul posto di lavoro alle pensioni future, passando per mancate tutele e mancati diritti per i lavoratori.
Il lavoro nero è usato da datori di lavoro che vogliono risparmiare sul costo del lavoro ma a volte è utilizzato anche di comune accordo con il dipendente, che magari vuole prendere altri sussidi e benefici statali tipici di chi è senza lavoro o con redditi bassi.
Fatto sta che lavorare in nero in materia previdenziale produce il mancato versamento di contributi da parte del datore di lavoro e del lavoratore. Con conseguente problematica che si materializza quando è il momento di andare in pensione. Almeno questo fino ad oggi. Perché una novità di fresca introduzione adesso permette di far valere per la pensione anche alcuni periodi di lavoro nero.
Andare in pensione dopo aver lavorato in nero, ecco le novità
Il lavoro in nero adesso può servire anche per maturare il diritto alla pensione perché si possono riscattare i contributi. Un cambio di rotta importante, anche se come vedremo, a pagare è sempre il lavoratore. Che durante il lavoro nero ha percepito stipendio, ma non è stato tutelato come normativa prevede per la malattia, le ferie, non ha potuto prendere la disoccupazione INPS e non ha potuto accumulare contributi per la pensione futura. Tutte situazioni negative, che si riflettono in pieno sua durante lo svolgimento del lavoro in nero che dopo, quando l’interessato deve andare in pensione.
Come logica vuole, versare contributi permette di arrivare a raggiungere i requisiti utili alle pensioni. E permette di prendere una pensione più alta commisurata all’ammontare dei versamenti. Evidenti gli effetti negativi del lavoro nero sia sul diritto alla pensione che sull’entità della pensione.
Come recuperare i periodi di lavoro nero senza cause e denunce
In linea di massima anche in passato c’è stato chi è riuscito ad ottenere giustizia di fronte ad un lavoro nero magari imposto dal datore di lavoro. Cause in tribunale dal punto di vista del lavoro nero sono state sempre molto diffuse. Alcuni hanno potuto dimostrare la malafede del datore di lavoro, provando il lavoro nero e riuscendo a recuperare quanto spettante dal punto di vista dei contributi. Ma spesso ci sono lavoratori che non denunciano, non hanno prove per denunciare o semplicemente temono conseguenze gravi dal punto di vista del loro lavoro, cioè temono di essere licenziati e di perdere lo stipendio.
Riscattare i contributi anche sul lavoro nero adesso è possibile
A tutti questi problemi oggi c’è una soluzione. Il Dl Lavoro ha introdotto adesso la possibilità per il soggetto che si trova nelle situazioni prima descritte, di riscattare quegli anni di attività lavorativa in nero. In modo tale da renderli utili per la pensione.
Il Dl Lavoro, convertito nella legge 203/2024 al suo articolo 30 propone proprio questa novità. Che può utilizzare chi in pensione ci deve ancora andare, ma anche chi in pensione ci è già andato e vuole far salire la sua pensione.
E possono fare richiesta anche gli eredi, nel caso in cui si parla di un lavoratore in nero deceduto. Il problema però è che il riscatto non è gratis. Perché è a carico del lavoratore l’onere. Deve essere il lavoratore a pagare questi contributi che in passato magari non ha pagato il datore di lavoro. Con la stessa aliquota contributiva di sempre e con le stesse regole di calcolo.
Ovvero deve versare 3.300 euro ogni 10.000 euro di retribuzione annua lorda utile ai fini previdenziali. Tradotto in termini pratici, una buona possibilità offerta dalla normativa adesso, ma quanti saranno disposti a farsi carico di versare qualcosa al posto del vecchio datore di lavoro?