E’ di pochi giorni fa la notizia che la Corte di Cassazione ha stabilito che anche una attività lavorativa di poche ore comporta il rischio di perdita dell’assegno mensile di invalidità. Che fino ad ora, è bene chiarirlo, era erogato a patto che il reddito derivante rimanesse al di sotto di una certa soglia.
Adesso cambia tutto e il diritto all’assegno ordinario di invalidità è subordinato all’inattività lavorativa. Anche poche ore lavorate comportano il rischio di perderlo.
Assegno invalidità a rischio
La novità riguarda solo ed esclusivamente gli invalidi civili con percentuale dal 74 al 99% (e non quindi gli invalidi totali).
Ovviamente la decisione provoca indignazione non solo da parte degli invalidi coinvolti (ricordiamo che la somma erogata è di poco superiore ai 287 euro mensili) ma anche da parte dei sindacati e delle associazioni di categoria.
Alessandro Mugnai, segretario provinciale della CGIL, ad esempio, afferma che gli invalidi “Sono invisibili ed emarginati. Noi, almeno in questo caso, faremo in modo che non lo siano”. Commentando la sentenza della Cassazione, poi aggiunge che “Non parliamo di grandi cifre: 287 euro. Ma queste sono fondamentali e irrinunciabili per persone e famiglie che hanno redditi bassi alla soglia della povertà. Se non ampiamente al di sotto”.
Il messaggio INPS 3495 dello scorso 14 ottobre ha gettato nello sconforto migliaia di invalidi e proprio a questo proposito il segretario provinciale dello SPI CGIL chiarisce che “lo svolgimento dell’attività lavorativa, a prescindere dal reddito che produce, costituisce di per sé una causa ostativa al diritto all’assegno di invalidità civile. In questo modo vengono colpiti i più fragili perché l’assegno di invalidità interessa le persone più povere con disabilità gravi, quelle che hanno un reddito annuale pari o inferiore a 4.931 euro. Le attività di queste persone sono terapeutiche o formative e con piccoli compensi, che difficilmente superano il tetto previsto”.
Una misura ritenuta ingiusta anche alla luce del fatto che un invalido con 287 euro al mese non può certamente vivere.
Il presidente di Federconsumatori, Chiara Rubbiani ribatte che “il nostro primo obiettivo è che il messaggio dell’Inps non si trasformi in una circolare operativa. Saremmo di fronte ad un atto di grave ingiustizia ed eticamente inaccettabile. Alla protesta, qualora l’Istituto non faccia marcia indietro, siamo intenzionati ad aggiungere azioni di tutela individuale e collettiva e iniziative politiche verso il Parlamento per evitare che un’interpretazione così restrittiva da parte dell’INPS del pronunciamento della Cassazione, tolga alle persone un assegno che vale una miseria ma che è vitale per chi lo riceve. Stiamo parlando dei diritti essenziali della parte più fragile della popolazione. Gravissimo è poi equiparare un piccolo lavoro svolto a scopo terapeutico con un’attività lavorativa ordinaria. Il rischio che abbiamo di fronte, soprattutto per le persone con disagio psichico, è che queste tornino a chiudersi in casa, perdendo un elemento essenziale e irrinunciabile del loro piano terapeutico che è, appunto, il lavoro”.