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Assegno unico figli da luglio, l’analisi: ecco perché c’è chi ci rimetterà

La rivoluzione delle misure a sostegno delle famiglie si chiama Assegno unico o universale, ma se c’è chi si avvantaggerà, c’è anche chi ci rimetterà.

Bonus bebè, premio alla nascita, assegni familiari e anche le detrazioni per figli a carico, tutte misure e strumenti conosciutissimi e noti a tutti. Ma occorrerà dimenticarli, perché sta per partire una autentica rivoluzione per quanto riguarda le misure a sostegno delle famiglie con prole. Sta per nascere l’ Assegno unico per i figli a carico, una misura omnibus che riguarderà l’intera area dei lavoratori, sia dipendenti che autonomi.

Dopo il passaggio parlamentare e la definitiva approvazione, dal primo luglio 2021 le famiglie italiane inizieranno a conoscere questo strumento di welfare. Ma non è tutto oro quello che luccica, perché ci saranno famiglie che rispetto ad oggi ci rimetteranno. Infatti non tutti trarranno vantaggio dal nuovo strumento.

Ecco una dettagliata guida alla misura, con tanto di analisi della redazione di PensionieFisco.it.

Lavoratori autonomi col sorriso, ma i lavoratori dipendenti si leccheranno le ferite

Dal prossimo  1° luglio, l’Assegno universale inizierà ad essere erogato. Non è una misura introdotta dal nuovo esecutivo Draghi poiché è nata con il precedente governo Conte. Evidentemente questa legislatura crede nello strumento da momento che nulla è stato ritoccato e la misura è pronta per fare capolino nel nostro welfare.

Dal punto di vista strutturale, con l’assegno unico tutte le famiglie italiane, a prescindere dalla tipologia di lavoro che svolge il capofamiglia o il coniuge ed a prescindere dal reddito del nucleo familiare, dovrebbe ottenere più o meno 250 euro al mese. Si tratta di una misura che nasce come sostegno alle famiglie ma che guarda anche al problema della natalità, perché i numeri sui nuovi nati in Italia da anni sono considerati sotto soglia.

I 250 euro a famiglia di cui abbiamo accennato in precedenza però sono solo sulla carta. Sulla misura il governo ha puntato forte, con una dotazione che in genere si usa per una intera manovra di Bilancio. Sono infatti 20 i miliardi a disposizione, ma se li si suddivide per i potenziali beneficiari, a 250 euro al mese a famiglia non ci si arriva.

E probabilmente, analizzando tutto con attenzione, le famiglie mediamente percepiranno meno di 200 euro al mese, che per un lavoratore dipendente significa fare un passo indietro rispetto ai soldi che percepisce oggi se si sommano tutti i benefit di cui accennavamo in premessa e che valgono qualcosa come 380 euro circa in media.

Meglio va ai lavoratori autonomi, che non erano nell’elenco di quei lavoratori che percepivano gli assegni familiari per esempio. Per loro l’Assegno unico potrà senza dubbio  essere considerato come una specie di manna dal cielo. Per i lavoratori dipendenti invece esattamente il contrario.

Ecco perché qualcuno ci rimarrà male

Per quanto concerne la misura, dal momento che cancellerà tutte quelle oggi previste, la sua erogazione partirà prima del lieto evento, ovvero prima della nascita del pargolo. Come oggi prevede il Premio alla Nascita, conosciuto anche come Bonus Mamma Domani, anche l’Assegno universale scatta una volta completato il settimo mese di gestazione.

L’Assegno però è erogato fino al compimento dei 21 anni di età del figlio. Limite di età che non è previsto per i casi di figli portatori di handicap. L’erogazione potrà essere in due forme, una come benefit fiscale, dal momento che si potrà scegliere anche il credito di imposta, e l’altra in danaro contante.

La particolarità della misura è che si rivolgerà davvero a tutte le famiglie con figli e le cifre di cui parlavamo sono da considerare per ogni figlio. Oltre ai lavoratori dipendenti e ai lavoratori autonomi, l’Assegno universale potrà arrivare anche a disoccupati, incapienti, pensionati o beneficiari di altri sussidi come possono essere considerati le Pensioni di cittadinanza o il Reddito di cittadinanza.

Essendo una misura a sostegno delle famiglie, evidente che ci siano maggiorazioni per chi ha particolari caratteristiche come le mamme giovani (si pensa a un surplus per le madri sotto i 21 anni di età), le famiglie con disabili (la cifra dell’assegno per figli disabili potrebbe essere con una aggiunta del 50%).

Allo stesso modo, per perseguire un altro obbiettivo della misura che è quello occupazionale, l’assegno per i figli maggiorenni e fino al tetto massimo dei 21 anni dovrebbe essere ridotto. Sempre per i figli over 18 e under 21, servirà per poter beneficiare dell’assegno, l’iscrizione negli elenchi dei disoccupati presso i Centri per l’Impiego o la frequenza di corsi di studio e di formazione.

La misura ormai approvata definitivamente, rischia di essere penalizzante per chi gode delle detrazioni per gli over 21, dal momento che proprio a 21 anni è la soglia oltre la quale l’Assegno non verrà più erogato. Ma su questo sembra che ci sia la volontà di intervenire magari lasciando la doppia opzione tra vecchie misure e Assegno unico.

Per le detrazioni per i figli a carico oggi si ha diritto anche per chi ha più di 21 anni di età che sono senza reddito o con redditi che rientrano in determinate soglie. Infatti il limite di reddito è pari a 2800 euro annui (4.000 per i minorenni). Con l’Assegno unico, se verranno eliminate le detrazioni, ci saranno perdite per determinate famiglie. Resta il fatto che in base ai numeri, l’Assegno universale coprirà una platea pari al 6% in più di famiglie.

In base ai calcoli per la stragrande maggioranza di queste ci sarà un beneficio pari a poco più di 160 euro al mese. Cifra distante dai 250 promessi. Se il calcolo si estende alle famiglie con figli di età compresa tra i 18 ed i 21 anni la cifra scende ancora e va al di sotto di 100 euro.

Inoltre essendo la misura collegata all’Isee ed ipotizzando in 30.000 euro di Isee lo spartiacque, per famiglie con Isee più elevati si andrà a percepire tra i 40 ed i 60 euro al mese in base all’età dei figli. Cifre inferiori alle detrazioni oggi spettanti per molti lavoratori che sono fissate a 1.220 euro per i figli sotto i 3 anni di età e 950 per quelli più grandi, incrementate naturalmente per situazioni particolari come le invalidità o la numerosità della famiglia. Senza considerare poi che qualcuno perderà gli Anf e che altri perderanno benefici come il Bonus Bebè e così via.