Pensionati in piazza, sotto accusa l’aumento di 3 euro delle minime, la SPI CGIL attacca, ma il governo Meloni non ha colpa Pensionati in piazza, sotto accusa l’aumento di 3 euro delle minime, la SPI CGIL attacca, ma il governo Meloni non ha colpa

Aumento pensioni dal governo Meloni: rivalutazione e tasse per un gennaio più ricco

Le discussioni sono sempre tante, e sicuramente nelle prossime settimane ce ne saranno ancora di più. Perché l’aumento pensioni dal governo Meloni è argomento di strettissima attualità adesso. Tutto ruota intorno a quel meccanismo di rivalutazione che sindacati e opposizioni contestano e che il governo ha già deciso, salvo cambi di rotta dell’ultima ora, di usare nel 2025.
Dietro a queste polemiche anche la presunta incostituzionalità di questo meccanismo che penalizza i pensionati con trattamenti più alti.
Trattamenti più alti come pensione che però finiscono con l’essere probabilmente agevolati da un altro punto di vista. Perché sempre il governo Meloni con un altro provvedimento molto discusso, potrebbe favorire dal punto di vista fiscale questi pensionati che dal punto di vista della perequazione vengono sfavoriti.

Aumento pensioni dal governo Meloni: rivalutazione e tasse per un gennaio più ricco

Due provvedimenti diversi, uno strettamente collegato alle pensioni, l’altro collegato alle tasse sulle pensioni. Due diversi provvedimenti entrambi molto criticati dalle opposizioni. Sulle pensioni l’accusa è di voler fare cassa sui pensionati tagliando la rivalutazione che però è una cosa che riguarda soprattutto chi ha pensioni elevate (il taglio maggiore per trattamenti prossimi a 6.000 euro lordi al mese). Sul fisco e sul ritocco all’IRPEF l’accusa è di favorire con riduzione del prelievo fiscale i contribuenti (non solo i pensionati però) che hanno redditi elevati, fino a 60.000 euro. E quindi anche i pensionati con trattamenti lordi prossimi ai 6.000 euro al mese.
Polemiche a prescindere quindi. Ma questo è il gioco della politica e non si può fare diversamente.
Resta il fatto che ci saranno pensionati che a gennaio e per tutto l’anno 2025 prenderanno inevitabilmente trattamenti più alti. Sia per la perequazione al tasso di inflazione che per la riduzione dell’IRPEF. E a qualche pensionato il governo con una mano da e con l’altra mano toglie.

Perequazione pensioni, come aumenteranno i trattamenti da gennaio

Partiamo dal meccanismo della perequazione. Nel 2025 l’aumento delle pensioni dal governo Meloni dovrebbe partire dall’1,6% che è il tasso di inflazione di previsione. Poi si vedrà nel corso del 2025 se il tasso previsionale verrà confermato o se ci sarà un tasso maggiore che genera i cosiddetti conguaglio a credito che a dicembre di quest’anno per esempio dovrebbero fare capolino nei cedolini dei pensionati per il tasso di inflazione applicato a gennaio scorso.

Solo le pensioni fino a 4 volte il trattamento minimo (2.395 euro circa al mese lordi e 1.650 euro circa al mese come pensione netta) saliranno in misura pari all’1,6%. Oggi il trattamento minimo INPS è pari a 598,61 euro al mese. I conti si fanno subito su ciò che i pensionati a partire da trattamenti sopra 4 volte il minimo subiranno. Infatti il meccanismo su cui montano le polemiche è il seguente:

  • 100% di aumento rispetto al tasso di inflazione per pensioni fino a 4 volte il trattamento minimo (fino a 2.394,44 euro lordi al mese);
  • 85% per pensioni sopra 4 volte il trattamento minimo e fino a 5 volte (fino a 2.993,05 euro lordi);
  • 53% per pensioni sopra 5 volte e fino a 6 volte il trattamento minimo (fino a 3.591,66 euro lordi);
  • 47% per pensioni sopra 6 volte e fino a 8 volte il trattamento minimo (fino a 4.788,88 euro lordi);
  • 37% per pensioni sopra 8 volte e fino a 10 volte il minimo (fino a 5.986,10 euro lordi);
  • 22% per pensioni sopra le 10 volte il trattamento minimo (sopra 5.986,10 euro lordi).

Ancora una volta taglio dell’IRPEF e le pensioni aumentano

Parlando invece all’IRPEF, l’idea del governo è di abbassare il prelievo fiscale per i contribuenti della classe media, compreso naturalmente i pensionati. E un aumento pensioni dal governo Meloni arriverebbe anche da questo cambiamento sull’IRPEF.

Dopo aver ridotto le aliquote da 4 a 3 nel 2024, accorpando il secondo scaglione con il primo, il governo pare intenzionato a potenziare l’operazione. Fino al 2023 infatti il prelievo Irpef anche sulle pensioni era basato su 4 scaglioni progressivi e cioè:

  • 23% per redditi fino a 15.000 euro;
  • 25% per la parte dei redditi sopra 15.000 euro e fino a 28.000 euro;
  • 35% per la parte dei redditi sopra 28.000 euro e fino a 50.000 euro;
  • 43% per la parte dei redditi sopra 50.000 euro.

Come cambia ancora una volta il prelievo IRPEF per i contribuenti italiani

Nel 2024 il primo scaglione fu accorpato al secondo, con il 23% che è stato esteso come prelievo IRPEF anche su pensioni fino a 28.000 euro, con un risparmio di 2 punti percentuali che si è esteso naturalmente anche a pensioni più alte per via del sistema progressivo.

Adesso è in via di completamento un altro correttivo, che porterebbe l’aliquota dello scaglione sopra 28.000 e fino a 50.000 euro al 33%. Altri 2 punti percentuali in meno di prelievo anche sulle pensioni. Anzi, il terzo scaglione pare sarà portato fino a 60.000 euro. Lasciando il 43% di prelievo IRPEF solo sulla parte di pensione eccedente i 60.000 euro. Curiosità vuole che una pensione fino a 60.000 euro esattamente è quella pensione che verrà penalizzata dal punto di vista della perequazione. Con un aumento che non sarà dell’1,6% ma dello 0,352%.