Dalla legge di Bilancio nessuna novità sulle cartelle esattoriali. Niente da fare per la rottamazione quinquies su cui molti contribuenti speravano. Si parla di contribuenti che hanno debiti passati a ruolo fino al 30 giugno 2023 e che speravano di trovare una nuova rottamazione dentro, in modo tale da godere delle agevolazioni tipiche della rottamazione, cioè rate e sconti su aggio, sanzioni e interessi.
Invece nulla di questo. Nel 2025 le novità sulle cartelle esattoriali sono tutte derivanti dalla riforma della riscossione che entrerà in vigore da gennaio.
Ma grazie ad una vecchia legge dello Stato, e a delle pronunce della Giurisprudenza, chi ha delle cartelle potrebbe trovare soluzioni extra per fare pace col Fisco.
Cartelle esattoriali addio con la regola dei 220 giorni, ecco la soluzione extra senza rottamazione
A prescindere da condoni, sanatorie e rottamazioni, il sistema fiscale italiano ha diversi strumenti che possono fornire al contribuente soluzioni idonee a risolvere l’arcano.
Ma non godendo di sconti e rateizzazioni. O almeno non solo con questi che sono pur sempre dei vantaggi non secondari. Infatti esistono soluzioni che possono portare un contribuente indebitato, a non pagare proprio.
Qualcuno potrà pensare che parliamo della prescrizione delle cartelle o dei debiti.
Anche in questo caso, strumenti validi senza dubbio. Ma oggi parliamo di una soluzione che può portare qualcuno a dire alle cartelle esattoriali addio con la regola dei 220 giorni. E si parte da un principio poco noto che è quello del silenzio assenso.
Le regole sulle cartelle esattoriali e come funziona il silenzio assenso
Nel rapporto tra contribuenti e Agenzia delle Entrate Riscossione, in materia di cartelle esattoriali, i paletti ed i vincoli per poter dire ultimata nel miglior modo possibile la procedura riguardano sia il contribuente che l’ente di riscossione.
Perché se è vero che dopo aver ricevuto la notifica, l’interessato deve pagare entro 60 giorni, oppure sempre entro 60 giorni deve provvedere a fare ricorso, altrimenti nulla può essere più fatto, è altrettanto vero che il concessionario alla riscossione ha dei termini ben precisi da rispettare. Soprattutto dopo che il contribuente ha deciso, anziché di pagare, di presentare ricorso.
Anche l’agente di riscossione deve stare attento ai termini. Perché come per il contribuente anche per lui sono perentori. A tal punto che se i termini non vengono rispettati il contribuente può ritenersi libero dal dover pagare. O meglio, può successivamente, come vedremo, chiedere lo sgravio totale della cartella.
Ecco le fasi e le tempistiche di queste procedure
Una volta inviata l’istanza da parte del contribuente, se questa istanza è fatta secondo i crismi ed inviata sempre secondo norma (posta raccomandata con ricevuta di ritorno o posta elettronica certificata PEC), la palla passa inevitabilmente al concessionario. L’Agenzia delle Entrate Riscossione ha così 10 giorni di tempo per completare un passaggio fondamentale. Ovvero informare l’ente da cui ha ricevuto l’incarico di incassare (Comune, Regione, Provincia, Erario) che il contribuente ha sollevato dubbi sulla cartella esattoriale.
Sarà L’ente una volta avuta notizia di ciò che ha prodotto il debitore, ad analizzare l’istanza, verificando ciò che il contribuente ha scritto e sollevato e a chiudere la vicenda confermando la pretesa da parte sua o cancellando il debito. Una procedura che dura 220 giorni.
Decorso tale termine, per la regola del silenzio assenso, il contribuente se non ha risposte può ritenere non più dovuto il suo debito. Naturalmente ciò non significa che la cartella verrà cancellata automaticamente. Sarà il contribuente a presentare la richiesta di cancellazione definitiva della pretesa, avvalorandola dalla regola dei 220 giorni.