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Case a 1 euro, che fine hanno fatto? Si possono ancora comprare?

Che fine hanno fatto le case a 1 euro? Vediamo i Comuni che hanno aderito e dove è possibile comprarle.

Negli ultimi anni, sempre più comuni italiani hanno adottato il progetto delle case a 1 euro per contrastare lo spopolamento e recuperare il patrimonio edilizio abbandonato. L’iniziativa permette di acquistare immobili a un prezzo simbolico, a patto che l’acquirente si impegni a ristrutturarli entro un determinato periodo di tempo.

L’idea nasce dall’esigenza di rivitalizzare piccoli centri storici che, a causa dell’emigrazione e del calo demografico, hanno visto un drastico abbandono di abitazioni. Offrire queste case a un prezzo simbolico rappresenta un incentivo per attrarre nuovi residenti, turisti o imprenditori interessati a investire nel territorio.

Negli ultimi anni, il progetto ha ottenuto grande risonanza mediatica, attirando l’attenzione sia di italiani che di stranieri desiderosi di acquistare una proprietà in Italia a costi contenuti. Tuttavia, dietro il prezzo simbolico si nascondono diversi costi e obblighi che è importante conoscere prima di aderire all’iniziativa.

Case a 1 euro: un’opportunità di rilancio per i borghi italiani

Uno dei primi comuni a lanciare l’iniziativa delle case a 1 euro è stato Salemi, in Sicilia. Il piccolo borgo, inserito tra i più belli d’Italia, ha visto una progressiva riduzione della popolazione a partire dal 1968, anno del terremoto del Belice.

Salemi è diventata un esempio per altre località, tanto che il modello è stato ripreso da numerosi comuni in tutta Italia. La notorietà dell’iniziativa è cresciuta anche grazie alla copertura mediatica internazionale, con reportage e documentari che hanno mostrato il recupero di queste abitazioni abbandonate.

Ma è davvero possibile acquistare una casa con solo un euro? In parte sì, ma è essenziale considerare anche i costi accessori e gli obblighi previsti dal progetto.

Come funzionano le case a 1 euro

L’obiettivo dell’iniziativa è recuperare edifici abbandonati e riqualificare i centri storici attraverso l’assegnazione di immobili a un prezzo simbolico. In cambio, chi acquista deve impegnarsi a ristrutturare l’abitazione entro un tempo stabilito, con un investimento minimo che garantisca la messa in sicurezza e il ripristino dell’edificio.

L’acquirente deve presentare un progetto di ristrutturazione e garantire economicamente l’intervento, spesso tramite una polizza fideiussoria. Il meccanismo assicura che l’immobile non resti inutilizzato dopo l’acquisto, evitando speculazioni o abbandoni prolungati.

Case a 1 euro, quanto si spende realmente

Il prezzo simbolico di un euro è solo il punto di partenza. Oltre al valore dell’immobile, è necessario sostenere alcuni costi obbligatori, quali:

  • imposte di registro;
  • imposte ipotecarie;
  • imposte catastali;
  • parcella del notaio varia in base al valore dell’atto;
  • polizza fideiussoria richiesta da molti comuni, che solitamente si aggira intorno ai 5.000 euro;
  • la ristrutturazione, il cui costo dipende dallo stato dell’edificio e dalle normative edilizie locali.

Se si considerano tutti questi aspetti, il costo reale per l’acquisto di una casa a un euro parte da circa 20.000 euro, escludendo le spese di ristrutturazione.

Dove si trovano le case a 1 euro

L’iniziativa ha coinvolto decine di comuni lungo tutta la penisola, con una maggiore concentrazione nel Sud Italia. La Sicilia è la regione con più borghi aderenti: ben 29 comuni hanno lanciato progetti per la vendita di immobili a un euro. Oltre a Salemi i comuni che hanno aderito sono: Augusta, Bivona, Calatafimi Segesta, Caltagirone, Castel di Lucio, Castiglione di Sicilia, Corleone, Gangi e molti altri continuano a offrire case a un euro con l’obiettivo di riqualificare il territorio e attrarre nuovi residenti.

Tra i comuni partecipanti, in Valle d’Aosta spicca Oyace, mentre in Piemonte aderiscono Albugnano, Borgomezzavalle e Carrega Ligure. In Liguria, il progetto è attivo a Pignone e Triora.

Nel Centro Italia, l’Abruzzo ha diversi borghi coinvolti, tra cui Canistro, Casoli, Lecce nei Marsi, Penne, Pratola Peligna e Santo Stefano di Sessanio. Nel Lazio, l’iniziativa è attiva a Graffignano, Maenza, Patrica e Santi Cosma e Damiano. Nelle Marche, Cantiano e Monte Urano offrono opportunità simili. In Toscana, i comuni di Fabbriche di Vergemoli e Montieri hanno aderito al progetto.

Nel Sud Italia, in Basilicata si trovano Acerenza, Chiaromonte, Laurenzana e Ripacandida. La Calabria vede coinvolti Albidona, Belcastro, Bisignano, Cinquefrondi, Maida, Platania e Rose. La Campania partecipa con Altavilla Silentina, Bisaccia, Pietramelara, Teora e Zungoli.

Il Molise ha attivato il progetto a Castropignano e Sant’Elia a Pianisi, mentre in Puglia si trovano Biccari, Candela, Caprarica di Lecce e Taranto. In Sardegna, i borghi di Bonnanaro, Montresta, Nulvi, Ollolai, Romana e Sedini hanno avviato programmi simili.

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