Ci sono fondamentalmente due cose che ad un lavoratore interessano sul finire della carriera. La prima è il quando andare in pensione, che resta l’argomento principale visto che siamo di fronte probabilmente al cambiamento di un’epoca, con una riforma delle pensioni che è attesa dal 2012, cioè dall’ultima rivisitazione del sistema previdenziale targata Elsa Fornero.
La seconda invece è il quanto si percepirà di assegno, perché non è importante solo la data di uscita dal lavoro, ma è importante anche il come si uscirà dal lavoro, cioè con che reddito si rimarrà dopo aver chiuso con buste paga e stipendio.
Oggi affrontiamo proprio l’argomento importo della pensione, per capire cosa si può fare per ottenere un importo di assegno pensionistico degno di questo nome.
Bisogna pensarci per tempo all’importo della pensione
Pensioni minime al di sotto della soglia della povertà, ricalcolo di assegno con un sistema, il contributivo, penalizzante e coefficienti di trasformazione dei contributi in pensione sono le cause di un autentico fenomeno. Infatti la maggior parte dei pensionati vive con assegni che considerare “da fame” non è sbagliato.
Ma per ottenere un assegno di pensione che consenta ai neo pensionati di vivere dignitosamente, occorre pensarci durante la carriera. Infatti è durante il periodo di versamento dei contributi che occorre sapere cosa fare.
Siamo in una epoca contributiva e le pensioni sono calcolate, nella stragrande maggioranza dei casi e in gran parte, con il penalizzante sistema dei contributi. Più si versano i contributi, come anni, più si prende di pensione. E poi, più alti sono i contributi versati, più alta sarà la pensione.
I contributi sono strettamente collegati allo stipendio e pertanto, più alto è lo stipendio più benefici si avranno in termini di pensione percepita, nonostante non parliamo del metodo retributivo che le Riforme delle pensioni, prima di Lanfranco Dini e poi del governo Monti hanno sostanzialmente eliminato dal sistema.
In un sistema contributivo acquisisce valore il montante contributivo e per capire a cosa serva uno stipendio elevato va ricordato che per esempio, un lavoratore dipendente versa contributi in misura pari al 33% del suo stipendio ogni mese, così come un lavoratore autonomo versa il 25% del suo reddito di impresa.
Pertanto, più sono i contributi che si riescono a versare nel corso degli anni di lavoro e più elevati di importo sono e maggiore sarà il montante contributivo che verrà poi trasformato in pensione. Stipendio elevato e continuità di assunzione sono gli elementi più importanti da perseguire durante la carriera.
Il paradosso di quanto appena detto è che è meglio lavorare con continuità, e magari percepire di meno, evitando contratti che prevedono erogazioni in nero.
Più tardi si va in pensione meglio è
Certo, ci sono attività ed attività, perché chiedere ad un lavoratore edile di restare su ponteggi e cantieri fino a tarda età è differente rispetto al chiederlo ad un impiegato d’ufficio per esempio, senza voler dire che in ufficio si lavoro poco. Resta il fatto che più tardi si esce più si prende di pensione. Diffidare delle uscite anticipate per la pensione? Certo che no, ma occorre capire che nel sistema contributivo più tardi di età si esce più sono favorevoli i coefficienti che trasformano i contributi in pensione.
Tradotto in termini pratici, a parità di carriera la pensione è più alta per un lavoratore che esce a 67 anni con la pensione di vecchiaia che uno che esce a 62 anni con la quota 100. Il sistema del montante contributivo premia coloro che ritardano il pensionamento.
Come ampliare la propria carriera o trovare strade alternative
Ci sono diverse soluzioni per poter ampliare la carriera lavorativa dal momento che gli anni di carriera come abbiamo visto sono molto importanti.
Per esempio il riscatto della laurea può essere una soluzione che oltre a permettere al lavoratore di andare prima in quiescenza, permette pure di avere un assegno più cospicuo. Ma solo se si utilizza il riscatto ordinario, notoriamente più costoso. Con il riscatto agevolato si paga di meno per ogni anno di studio universitario che si intende rendere utile alla pensione, ma l’utilità non riguarda la misura ma solo il diritto alla prestazione.
C’è poi quello che sposta il TFR ad un fondo pensione, soluzione piuttosto utilizzata e consigliata per chi ha la fortuna di avere un lavoro stabile che non precede continui cambi di azienda per esempio. Infatti cambiando azienda di frequente viene meno la facoltà di accumulare una buona dote di TFR, dal momento che esso viene liquidato in genere ad ogni interruzione del rapporto di lavoro.
Infine, chi ha la possibilità di destinare soldi ad un fondo pensione, potrebbe ottenere un assegno integrativo della propria pensione maturata una volta uscito dal lavoro. Una soluzione questa per non perdere reddito nel passaggio dall’essere nel mondo del lavoro all’entrare nel mondo del pensionamento.