L’impatto come era prevedibile sulle Borse è stato enorme con tutti gli indici, da Wall Street a Milano, in calo. I cittadini americani ed europei si sono impauriti sicuramente dalle notizie che riguardano l’inflazione, l’aumento dei prezzi e l’impennata soprattutto del costo dei beni importati. I dazi di Trump sono un autentico terremoto a livello planetario. In Italia il governo nostrano ha rasserenato subito, dicendo che non era una catastrofe. Tanto è vero che poi Trump li ha sospesi per 90 giorni. Ma cosa succede se dopo i 90 giorni partiranno davvero i dazi? Una cosa è certa, e cioè che un settore colpito sicuramente è l’Automotive. Che sulla Germania, che tra Mercedes, Volkswagen e BMW, significa un disastro. Ma che anche da noi con Stellantis non saremo messi bene. Eppure i problemi del settore vengono da altro. E lo dimostrano gli operai di Stellantis Melfi che qualche giorno fa erano in collegamento nella trasmissione “Diritto e Rovescio” di Paolo Del Debbio su Rete 4.
Stellantis, i problemi vengono da lontano, la testimonianza di Melfi
Una delle fabbriche più importanti in Italia del colosso dell’Automotive Stallantis, nato dalla fusione tra i francesi di PSA e gli italiani di FCA vive una fase di grave crisi. Cassa integrazione praticamente perpetua da anni, calo dei cicli produttivi, riduzione di personale. E disastri naturalmente anche per l’indotto del grande stabilimento sito in Località San Nicola di Melfi, in provincia di Potenza. Dalla Basilicata l’altra sera, alcuni operai di Stellantis erano ospiti in collegamento per parlare di quanto stava accadendo dopo la notizia dei dazi di Donald Trump. Dazi che come detto in premessa, hanno nel settore Automotive, uno di quelli più colpiti. Bene, alcuni operai hanno preso la parola, lamentando l’assenza della politica nel risolvere i problemi dei lavoratori di questo settore e di questi stabilimenti. Va detto che la crisi di Stellantis riguarda Melfi, ma anche tutti gli altri stabilimenti italiani dove l’ex Fiat e gli Elkann hanno fabbriche. Da Pomigliano d’Arco a Mirafiori, da Cassino ad Atessa, i problemi sono i medesimi. E le parole degli operai di Melfi dovrebbero fare riflettere. perché senza distinzione alcuna tra colori politici dei vari governi, la situazione di crisi in questi stabilimenti non è certo dovuta ai dazi di Trump. Che sicuramente peggioreranno la situazione, ma che saranno solo la goccia che fa traboccare il vaso.
Dazi di Trump, Automotive in ginocchio: ma in Stellantis i problemi sono vecchi, ecco il punto
Dazi li aveva messi anche Biden e nessuno si lamentava. Questa la presa di posizione di alcuni lavoratori che hanno risposto alle domande durante la trasmissione. Evidentemente si accusa la politica, quella stessa politica che oggi lamenta dei dazi di Trump solo perché magari Trump è di destra o fa politiche che alla sinistra non piacciono. E poi inevitabile il passaggio su quello che moltissimi reputano essere il problema principe del settore. Parliamo della conversione elettrica che fu imposta dalla UE. Sotto accusa il Green Deal, ovvero le politiche ambientali che hanno imposto ai costruttori, Stellantis compreso, di cambiare tipologia di veicoli, passando all’elettrico. Dal 2035 il progetto è di mettere al bando la produzione di veicoli a combustione, sia a benzina che diesel. Con una riduzione costante di questo genere di veicoli prodotti e multe ai costruttori che non rispettavano i diktat. Politiche ambientali che sanno di ideologia spicciola. Che non hanno tenuto conto dell’impatto che la conversione avrebbe avuto. Tra cambi di tipologia di veicoli che pare necessitano di meno operai a veicolo prodotto, e tra problematiche di mercato, visto che i veicoli elettrici non si vendono tanto, ecco che il disastro è stato compiuto ormai da tempo.
Conversione elettrica e Green Deal hanno già fatto un disastro
I veicoli elettrici non stanno avendo l’impatto che la politica pensava avessero. Si vendono poco. Perché costano tanto e con le crisi di questi anni, permettersi veicoli costosi è un lusso per pochi. Perché hanno delle performance che non piacciano, soprattutto quelle sulla percorrenza con un pieno. E poi, perché le ricariche hanno bisogno di un tempo molto maggiore rispetto ai veicoli a combustione e le infrastrutture di ricarica in Italia sono carenti e mancanti. Tanti problemi che hanno abbassato il numero di veicoli prodotti a Melfi come in altri stabilimenti. Che hanno portato alla riduzione del personale, anche nelle fabbriche dell’indotto che, ancora peggio, non hanno nemmeno le tutele della casa madre per i lavoratori. I guai vengono da lontano quindi, e non sono certo guai che arrivano per via delle politiche aggressive di Donald Trump.