La Naspi è l’indennità per disoccupati Inps che spetta a chi perde involontariamente il proprio lavoro. La misura, erogata dall’Inps è destinata alla stragrande maggioranza dei lavoratori dipendenti. Infatti escludendo i lavoratori pubblici con contratto a tempo indeterminato, i lavoratori agricoli e i collaboratori, la Naspi è l’ammortizzatore sociale principale in salvaguardia di chi perde il lavoro in modo involontario. Proprio questo requisito è fondamentale per percepire la Naspi e spesso genera dubbi nei lavoratori.
Oggi rispondiamo ad un quesito di una nostra lettrice, di professione badante, che riguarda proprio la Naspi e come si incastra tra dimissioni e licenziamento successivo ad una nuova assunzione.
“Salve, volevo fare una domanda. Ho lavorato in regola 2 anni come badante, poi la mia assistita è morta e la titolare a maggio invece di farmi lettera di licenziamento, mi ha fatto lettera di dimissioni e io ho firmato e quindi nessuna disoccupazione. Adesso sto facendo la badante a tempo determinato fino al 31 dicembre. Prenderò la disoccupazione di prima persa. Grazie”.
Vediamo quindi cosa deve sapere la lavoratrice, partendo dal fatto che il diritto alla Naspi è sacrosanto anche per lei.
Naspi e perdita del lavoro involontaria
Come detto in premessa, per poter percepire la Naspi, la perdita del lavoro deve essere involontaria, cioè non deve provenire da dimissioni, a meno che queste ultime non siano per giusta causa. Lasciare il lavoro per propria iniziativa non da diritto alla corresponsione della Naspi. Nel caso della nostra lettrice le sue dimissioni firmate purtroppo, sono ostative dal poter richiedere la Naspi.
La fattispecie di situazione relativa alla lettrice però è particolare in quanto le dimissioni non sono state volontarie, ma spinte dal datore di lavoro. Inoltre per quanto riguarda il lavoro della badante, il decesso della persona da assistere è una giusta causa di licenziamento ed escludendo i giorni di mancato preavviso che devono essere erogati alla badante a seguito del decesso dell’anziano, non vediamo la convenienza della famiglia a utilizzare l’escamotage delle dimissioni al posto del licenziamento.
Per il lavoratore però c’è effettivamente il problema della Naspi che per le dimissioni non sono previste, anche se andare presso l’Ufficio Territoriale del Lavoro e spiegare la storia, con le dimissioni date a seguito del decesso dell’anziana perché la famiglia della defunta non era intenzionata a licenziare, potrebbe essere una giusta causa anche di dimissioni.
E se date per giusta causa, le dimissioni non fanno perdere il diritto alla Naspi.
Nuovo lavoro dopo dimissioni, Naspi anche per i periodi precedenti
Pe rla nostra lettrice non cambia nulla dal momento che è stata riassunta da un’altra famiglia. Infatti la nuova assunzione, una volta che si interromperà il nuovo lavoro, da diritto alla Naspi anche per i periodi di lavoro della precedente occupazione. La naspi è commisurata infatti al lavoro degli ultimi 4 anni prima della perdita involontaria dell’ultima occupazione su cui si richiede la Naspi.
La lettrice avrà diritto alla Naspi perché il lavoro trovato dopo le dimissioni dal precedente, una volta terminato per scadenza contratto, rientrando nelle tipologie di perdita involontaria del lavoro, da diritto alla Naspi.
E la durata della stessa, oltre che per gli importi, sarà commisurata alle settimane lavorate nei 4 anni precedenti, compresi i periodi di attività svolti per la famiglia che l’ha fatta dimettere. La metà delle settimane lavorate nel quadriennio precedente la perdita dell’ultimo lavoro, questa la durata della Naspi spettante.