Il Fisco può spiare il conto corrente senza autorizzazione, ma il contribuente può difendersi. I controlli dell’Agenzia delle Entrate sui conti correnti degli italiani servono a verificare che quanto riportato nella dichiarazione dei redditi risponda a verità.
Banche e uffici postali, ogni anno, devono fornire al Fisco tutte le informazioni sui conti corrente dei propri clienti. L’articolo 32 delle Disposizioni comuni in materia di accertamento delle imposte sui redditi conferisce all’Agenzia delle Entrate il potere di accedere ai dati bancari. Proprio perché il Fisco ha questo potere non ha necessità di chiedere l’autorizzazione per controllare i conti corrente.
Controlli conto corrente fino a 5 anni indietro
Dovendo verificare i dati riportati sulla dichiarazione dei redditi, il Fisco può andare indietro nello spiare i conti corrente, fino a 5 anni se il contribuente ha omesso delle voci. Se invece il contribuente non ha presentato la dichiarazione dei redditi il controllo può arriva fino a 7 anni prima.
Cosa controlla il Fisco sui conti corrente dei contribuenti? Le informazioni a cui ha accesso sono diverse e controlla, nel particolare il saldo del conto, i movimenti di denaro, gli investimenti, se il contribuente ha una cassetta di sicurezza, gli assegni emessi e ricevuti, le carte di credito e di debito, le carte prepagate (anche quelle senza Iban come la PostePay).
Se il Fisco fa emergere, dai controlli in questione, delle anomalie e uno scostamento tra quanto dichiarato e le spese sostenute supera una determinata percentuale (20%) ed è pari ad almeno 10 volte l’assegno sociale annuo (si parla di uno scostamento di quasi 70.000 euro) scattano gli accertamenti fiscali.
Questo è il funzionamento dell’evasometro, lo strumento che ha preso il posto del redditometro dal 2024. Da considerare, però, che l’accertamento non scatta immediatamente perché il Fisco deve procedere a valutare il profilo di rischio del contribuente.
Controlli conto corrente, come difendersi?
Quando si riceve un accertamento fiscale, ovviamente, si deve dimostrare al Fisco che si sbaglia e che non c’è evasione fiscale. Come? Il contribuente deve dimostrare la provenienza del denaro utilizzato per le spese superiori a quanto dichiarato e la dimostrazione necessita di prove documentali.
Ad esempio potrebbe essere che il denaro derivi da una donazione, da risparmi accumulati con gli anni, che è esente da imposizione fiscale, che si tratta di un risarcimento danni o di una vincita al gioco. Si tratta di tutte circostanze di cui il Fisco non tiene conto e che il contribuente deve documentare.
Attenzione: non è il Fisco a dover dimostrare che c’è stata evasione, ma il contrario. Il contribuente deve dimostrare, con la necessaria documentazione, la provenienza del denaro di ogni singolo versamento bancario. La prova non può essere generica, ma deve essere dettagliata, come ha anche specificato la Corte di Cassazione in diverse sentenze.
Se il contribuente non ha la giusta documentazione o non riesce a dimostrare la provenienza del denaro, l’Agenzia delle Entrate ritiene le spese non giustificare e emette un avviso di accertamento in cui invita il contribuente a pagare le imposte dovute sulle somme non dichiarate, maggiorate di sanzioni e interessi.
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