Reddito di cittadinanza 2022 Reddito di cittadinanza 2022

Ecco come il governo potrebbe tagliare il reddito di cittadinanza

Cancellare il reddito di cittadinanza sarebbe impopolare per il nuovo governo, ma le soluzioni per toglierlo ce ne sono.

Il governo che si sta per insediare con la nomina dei ministri, dei sottosegretari e delle commissioni parlamentari, ha come obiettivo quello di dare meno lustro al reddito di cittadinanza o addirittura di toglierlo dall’ordinamento. Una misura da sempre contestata questa, soprattutto dai partiti che hanno vinto le elezioni. E anche vero però che togliere il reddito di cittadinanza di colpo sarebbe quantomeno impopolare per il governo, anche se effettivamente qualcosa che non funziona nella misura c’è. Per questo iniziano a fuoriuscire le indiscrezioni che portano a considerare la misura seriamente a rischio, anche senza passare necessariamente da una sua cancellazione su due piedi. 

C’è chi ha superato i 40 mesi di incasso del reddito di cittadinanza  
 

Furbetti del reddito di cittadinanza che sfruttano la misura e frodano lo Stato, oppure gente che ne vuole lavorare o ancora peggio, gente che lavora in nero solo per percepire stipendio e sussidio. Sono queste le situazioni critiche collegate al reddito di cittadinanza che il nuovo governo dovrebbe andare a risolvere. Con delle soluzioni però che non sembrano andare diritte verso la cancellazione totale della misura. Anche perché le statistiche sottolineano come ci sono persone che ormai sono arrivate al terzo periodo di beneficio, cioè, persone che sono entrate nei terzi 18 mesi.

Difficile cancellare la misura

Ripetiamo, cancellare una misura in un momento di crisi così vasto come quello che sta vivendo la Nazione, non è certo la cosa più semplice. Per questo si ipotizzano via alternative capaci comunque di detonare la misura e di renderla meno vasta come platea. In pratica si arriverebbe a ridurre i potenziali beneficiari di questa misura. 

Offerte di lavoro congrue, rifiuti e decadenza, tutto sul reddito di cittadinanza 


Qualcuno direbbe che è una cosa inutile, andare a intervenire sulle politiche attive del lavoro e quindi sulle offerte di lavoro al cui rifiuto scatterebbe la decadenza del beneficio. Ci sono almeno due ragioni che confermano la teoria di chi dice che anche togliendo il reddito di cittadinanza al primo rifiuto di un posto di lavoro, non si risolverebbe il problema. Ed effettivamente pare sia così perché degli oltre due milioni di beneficiari della misura, sembra che circa il 20% siano quelli attivabili al lavoro. In buona sostanza pare che chi prende il sussidio sono persone che non possono lavorare, o che prendono il sussidio mentre lavorano, poiché prendono uno stipendio più basso della soglia della povertà. 

 
Quando anche un solo rifiuto può essere determinante 

 
Il governo però sembra intenzionato ad inserire già nella legge di bilancio prossima una postilla sul reddito di cittadinanza che mirerebbe a bloccare il sussidio per chi rifiuta anche una sola proposta di lavoro. Una soluzione che potrebbe essere facilmente applicata dal momento che come dicevamo, c’è gente che lo sta prendendo già da oltre 36 mesi. Le regole infatti sono abbastanza chiare è dopo gli ultimi interventi del governo Draghi, sono diventate più aspre. In pratica, solo chi prende il reddito di cittadinanza nei primi 18 mesi può permettersi il lusso di rifiutare una proposta di lavoro senza rischiare di decadere dal beneficio. Negli altri casi basta rinunciare ad una sola proposta di lavoro per perdere il bonus.

Anche il lavoro a termine può far perdere il reddito di cittadinanza se rifiutato

E adesso la nuova proposta di lavoro può provenire da tutti i territori nazionali ed anche a tempo determinato della durata minima di 3 mesi. In buona sostanza anche una semplice offerta di lavoro di tre mesi con contratto a termine, se rifiutata, può portare alla decadenza del reddito di cittadinanza. Un modo oggettivamente rigido e rapido per tagliare i potenziali beneficiari della prestazione. Basterebbe infatti ordinare ai centri per l’impiego di provvedere all’invio, a questi beneficiari, dell’offerta di lavoro.