Di fronte a cartelle esattoriali e ingiunzioni di pagamento il primo stato d’animo di un contribuente è lo scoramento. Soprattutto per chi ha difficoltà ad arrivare a fine mese, una cartella esattoriale diventa una montagna da scalare non indifferente. Anche perché tutti conoscono i pericoli che derivano da omissioni di pagamento di questi atti. Finire dentro pericolosi eventi quali il pignoramento di stipendio, conto corrente o pensione, o dentro i fermi amministrativi di auto e veicoli in genere è una cosa che non fa dormire la notte. Chi ha di queste problematiche però può tranquillamente trovare delle soluzioni. Una di queste proviene da una recente pronuncia della Suprema Corte di Cassazione. Ed è una via alternativa da poter utilizzare con tanto di cartelle esattoriali ridotte come importo.
Cartelle esattoriali ridotte, ecco come si sfrutta una possibilità che molti non considerano
Sicuramente chi ha a che fare con le cartelle esattoriali che non riuscirebbe a pagare subito, può chiedere all’Agenzia delle Entrate Riscossione una rateizzazione degli importi. In questo modo potrebbe trovare più facile saldare il debito e mettersi in regola con queste cartelle esattoriali. Ma quello di cui parliamo adesso è una via diversa. Perché parliamo di cartelle esattoriali ridotte di importo. Grazie al precedente creato dalla Cassazione con la sua ordinanza numero 4960 del 26 febbraio 2024, ci sono valide possibilità di pagare meno del dovuto. Come tutti sanno le cartelle esattoriali possono riferirsi a tasse, tributi, imposte e multe non pagate in tempo utile per evitare l’esecuzione forzata. Rispetto agli importi di ciò che è stato evaso, una cartella esattoriale è molto più alta. Perché ci sono da aggiungere sanzioni, interessi ed aggi di riscossione. Ed il più delle volte queste componenti aggiuntive di una cartella, salgono con il protrarsi del mancato pagamento. Fino ad arrivare a quelle procedure di esecuzione forzata citate in premessa.
Ecco come ridurre ciò che si deve per saldare una cartella esattoriale
La nuova pronuncia della Suprema Corte non fa altro che distinguere tra tassa o imposta evasa e sanzioni e interessi. Una distinzione di natura, ma anche come prescrizione. E questo è ciò che maggiormente interessa i contribuenti. Perché pare che la scadenza di queste pretese sia differente. La prescrizione del balzello evaso non ha gli stessi termini di sanzioni e interessi, che scadono prima.
Se dalla data di notifica di una cartella, nessuna altra comunicazione viene recapitata al contribuente, nessun sollecito e nessuna intimazione di pagamento, la cartella va in prescrizione. Significa che non ci sarebbe più nulla da pagare in casi di questo genere. Ma in base all’oggetto della cartella cambiano in alcuni casi le scadenze. Anche se numerose altre sentenze spesso sui termini di prescrizione tra cartelle e balzelli sono contraddittorie. In linea di massima possiamo asserire che se l’oggetto delle cartelle per esempio sono imposte quali IMU, TASI, TARI, la prescrizione sopraggiunge in 5 anni. Per il Bollo Auto invece questa sopraggiunge in 3 anni. Le tasse statali invece si prescrivono in 10 anni.
Prescrizione diversa tra tasse e importi aggiuntivi
Ciò che produce la Cassazione è la distinzione tra prescrizione di interessi e sanzioni e prescrizioni di imposte e tasse dovute allo Stato, che come dicevamo è di 10 anni. In sostanza, pare che secondo la Cassazione che si è pronunciata su un ricorso di un contribuente, è vero che le cartelle riferite a debiti con lo Stato si prescrivono in 10 anni. Ma solo l’oggetto dell’evasione si prescrive in 10 anni. Perché sanzioni e interessi scadono in 5 anni. In buona sostanza potrebbe essere che un contribuente anziché pagare interamente la cartella, potrebbe sfruttare questa ordinanza per far si che dalle cifre dovute vengano calcolate sanzioni e interessi ormai caduti in prescrizione. Riducendo sensibilmente il corrispettivo totale da pagare e favorendo la messa in regola della propria situazione.