La riforma delle pensioni è un argomento sempre molto caldo e molto discusso. Dopo il nulla di fatto dell’ultima legge di Bilancio, presto il lavoro sulla riforma del sistema previdenziale riaprirà i battenti. E torneranno sul tavolo le ipotesi fatte da tempo con probabilmente altre novità. In effetti riformare il sistema pensioni è qualcosa a cui tutti pensano, solo che si parte da posizioni differenti. E adesso andremo a vedere di che genere di posizione si parla.
La riforma delle pensioni secondo le richieste dei sindacati
I sindacati sono uno dei soggetti presenti nel tavolo di discussione sulla riforma delle pensioni. Ad ogni incontro del passato sono stati sentiti i rappresentanti della “Triplice” (CGIL, CISL e UIL). Non sempre in linea tra loro e con giudizi spesso contrastanti sugli esiti dei summit, le proposte dei sindacati in materia di riforma delle pensioni possono essere sintetizzate come segue:
- flessibilità in uscita a partire dai 62 anni per chi ha iniziato a versare contributi prima del 1996 e senza alcuna penalizzazione di assegno;
- flessibilità per chi ha completato una lunga carriera contributiva a partire dai 41 anni di contributi versati e senza collegamenti all’età del richiedente;
- cancellazione del vincolo della pensione di vecchiaia contributiva pari ad 1,5 volte l’assegno sociale (già cancellato dal governo nel 2024);
- cancellazione del vincolo della pensione anticipata contributiva pari a 2,8 volte l’assegno sociale (nel 2024 il governo ha portato a 3 volte questo vincolo riducendolo per le donne con figli);
- rivisitazione dell’adeguamento delle misure pensionistiche alla speranza di vita, che non può incidere come invece fa oggi, sia sull’età che sui contributi;
- potenziamento degli incentivi all’esodo e al pensionamento con gli scivoli dell’isopensione e del contratto di espansione;
- pensione di garanzia per i giovani ed estensione delle categorie di lavoro gravoso con misure di favore per chi svolge queste attività.
La posizione dell’INPS e della Lega
Riformare il sistema previdenziale per lo Stato significa trovare il giusto equilibrio tra pensioni anticipate e spesa previdenziale. In effetti bisogna tenere a freno l’elevata spesa pubblica che l’INPS ha maturato anno dopo anno e che è sempre in crescendo. Vuoi perché sono sempre di più i pensionati e sempre di meno i lavoratori che finanziano le pensioni. E vuoi perché sui bilanci dell’INPS grava anche la spesa per l’assistenza, nel senso che si conteggiano insieme sia gli esborsi per le pensioni che quelli per sussidi ed altre prestazioni assistenziali. Dall’INPS non sono mancate in questi anni proposte correttive come per esempio fece a suo tempo il Presidente Pasquale Tridico.
L’ex numero uno dell’Istituto propose di varare una sorta di pensione anticipata in due quote a partire dai 62 anni con 20 anni di contributi. per gli interessati significava uscire dal lavoro a 62 anni, con un assegno calcolato solo sulla parte di pensione maturata con il metodo contributivo, salvo poi ottenere il ricalcolo della prestazione a 67 anni, comprensivo della parte maturata nel retributivo. una sorta di pensione penalizzata solo per il tempo dell’anticipo. Anche il governo deve badare ai conti pubblici. Soprattutto perché c’è da assecondare ciò che vuole Bruxelles e cioè limitare la spesa pubblica. La Lega comunque continua a spingere sulla quota 41 per tutti, che poi sarebbe una misura che anche i sindacati vorrebbero introdurre nel meccanismo di flessibilità prima citato. In pratica bisognerebbe consentire ai lavoratori di accedere alla pensione una volta arrivati a 41 anni di contributi versati senza alcun limite di età.