Come per il reddito di cittadinanza, il bollo auto, il canone Rai, così la Naspi. Anche l’indennità per disoccupati INPS è una misura che si espone a chi, pur non avendone diritto, cerca trucchi e sotterfugi per prendere l’indennità. In comportamento poco dignitoso ma purtroppo molto diffuso. A tal punto che di cercano soluzioni per tamponare il fenomeno. La giurisprudenza intanto inizia ad operare in questa ottica. E per i furbetti della Naspi, ecco il freno per chi esagera. I giudici iniziano a dare torto ai lavoratori che si rendono responsabili di comportamenti di questo genere.
Naspi, tra dimissioni e licenziamento, il lavoratore ha il coltello dalla parte del manico
Pretendere di essere licenziati, pur avendo autonomamente la voglia di lasciare il proprio posto di lavoro è una delle situazioni più diffuse nel mondo del lavoro. Infatti la Naspi è l’indennità per disoccupati involontari che l’INPS da a chi perde il lavoro. Involontario significa che la perdita del posto di lavoro non deve nascere dalla volontà del lavoratore. Quindi per le dimissioni, a meno che non siano date per giusta causa, la Naspi non si percepisce. Per questo molti lavoratori dipendenti, che hanno la volontà di lasciare il lavoro, di fatto costringono il datore di lavoro a licenziarli. Un caso emblematico è quello che è stato da poco risolto da un tribunale del lavoro di Udine.
Troppe assenze? Niente Naspi
Un tribunale di Udine ha dato torto ad una lavoratrice che a suon di assenze ingiustificate ha cercato di mettere spalle al muro il datore di lavoro. In pratica, costringendolo a licenziare la sua dipendente. O almeno questo ciò che datore di lavoro ed evidentemente, gli ermellini del tribunale, hanno creduto. Pare infatti che, in base a ciò che si legge nella sentenza, il comportamento della lavoratrice è stato stigmatizzato dai giudici che hanno visto la volontà di dare le dimissioni.
Stop ai furbetti della Naspi, ecco cosa succede
Secondo gli ermellini infatti, anche con testimonianze di terzi, la lavoratrice aveva più volte manifestato la volontà di lasciare il posto di lavoro. Dimissioni che però la stessa non poteva dare per non perdere il diritto alla Naspi. Una sentenza che potrebbe creare quel precedente che molti altri datori di lavoro aspettavano per evitare di essere la parte debole della situazione. Con la pronuncia prima citata (sentenza n°20 del 27 maggio 2022), il tribunale di Udine ha di fatto sottolineato come la lavoratrice in questione fosse una tipica furbetta della Naspi.