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In pensione anche prima dei 60 anni, serve questa riforma

Per riuscire a mandare i pensione i lavoratori prima dei 60 anni non serve una riforma pensioni, ma un intervento su nascite e disoccupazione.

Ogni anno, nel periodo in cui deve essere pubblicata la legge di Bilancio, si torna a parlare di riforma pensioni e di flessibilità in uscita. Ma da ogni confronto annuale si esce sempre con un nulla di fatto perché ogni misura che si propone ha un costo troppo elevato e perchè superare la Fornero non è poi così facile. La riforma pensioni, quella strutturale, di anno in anno, viene rimandata a quello successivo, nella speranza che si riesca a trovare un modo per superare l’attuale legge previdenziale, quella che ormai è in vigore dal 2012.

Una riforma pensioni che permette di lasciare il mondo del lavoro in qualsiasi momento, anche prima dei 60 anni, ci sarebbe e sarebbe l’unica realizzabile a costo zero, ma nessuno la vuole mettere in pratica.

In pensione prima dei 60 anni a scelta del lavoratore

Il momento di lasciare il mondo del lavoro deve essere una scelta del lavoratore. Per motivi di salute, di famiglia, di stanchezza fisica e mentale un lavoratore può aver voglia di mollare la propria attività e mettersi a riposo. Con le attuali regole non può assolutamente perchè se non ha raggiunto determinati requisiti si troverebbe a dover attendere i 67 anni per avere diritto alla pensione di vecchiaia.

Una riforma equa, invece, dovrebbe permettere al lavoratore, indipendentemente dall’età e dal numero di anni di lavoro, di potersi mettere a riposo a patto di avere un assegno che gli permetta di vivere. Questo potrebbe permetterlo solo il sistema contributivo puro perchè non avrebbe costi per le casse dello stato.

Ognuno avrebbe l’assegno che matura in base ai versamenti fatti. Il problema principale in Italia, però, è che il pensionato non riceve la pensione con i soldi che ha versato mentre era in attività. A finanziare le pensioni in pagamento oggi, sono i lavoratori attuali, con i contributi che versano perché il nostro è un sistema a ripartizione.

Allora il problema da risolvere è quello dei pochi lavoratori che ci saranno nel futuro a fronte del numero dei pensionati in continuo aumento la cui speranza di vita è sempre più alta. I giovani iniziano a lavorare tardi e non possiamo permetterci che gli anziani lascino il lavoro troppo presto perchè in questo modo i lavoratori attivi sarebbero troppo pochi e nessuno finanzierebbe le pensioni in pagamento.

Per attuare questa riforma pensioni, quindi, invece di lavorare sulla flessibilità richiederebbe concentrarsi sull’occupazione giovanile e sul calo demografico. Aumentare i nuovi nati porterebbe in poco più di due decenni ad avere maggiore forza lavoro e nuovi giovani che potrebbero lavorare e versare contributi. Permette, poi a questi giovani di lavorare il prima possibile consentirebbe il ricambio generazionale per mantenere un sistema previdenziale sostenibile.