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Invalidi, possono sempre lavorare in smart working: è un diritto

I lavoratori invalidi hanno sempre diritto a lavorare in smart working e il datore di lavoro non può negarlo.

Il lavoro rappresenta uno degli strumenti principali per promuovere l’inclusione sociale delle persone con disabilità. In questo contesto, il ruolo dello smart working è emerso come particolarmente significativo, specialmente con l’evoluzione delle tecnologie digitali, che stanno trasformando profondamente il mondo del lavoro. Questo cambiamento ha introdotto nuove opportunità, inclusa la possibilità di lavorare da remoto, che può rappresentare un grande vantaggio per i lavoratori fragili.

Con la sentenza n. 605 del 10 gennaio 2025, la Corte di Cassazione ha apportato un’importante innovazione interpretativa, riconoscendo il lavoro agile come un “accomodamento ragionevole”. Questo status rende il ricorso allo smart working un diritto esigibile da parte del lavoratore disabile, qualora compatibile con i principi di inclusione e con la sostenibilità organizzativa dell’azienda.

I diritti degli invalidi

La nozione di “accomodamento ragionevole” deriva dalla Convenzione ONU sui diritti delle persone con disabilità, ratificata anche dall’Italia. Essa prevede l’adozione di modifiche o adattamenti necessari e appropriati che non comportino un onere sproporzionato per il datore di lavoro, al fine di garantire pari opportunità alle persone con disabilità.

Nel caso affrontato dalla Corte, un lavoratore con grave disabilità visiva aveva chiesto di lavorare in modalità agile, ma la richiesta era stata respinta dal datore di lavoro. La Corte d’Appello aveva già dato ragione al dipendente, stabilendo che l’azienda avrebbe dovuto adottare soluzioni organizzative compatibili con le esigenze del lavoratore, purché non rappresentassero costi sproporzionati. La Cassazione ha confermato questa impostazione, rafforzando l’obbligo per il datore di lavoro di adottare misure che evitino discriminazioni.

La sentenza della Cassazione sancisce un principio giuridico fondamentale, destinato a influenzare le future controversie in materia di lavoro e disabilità. Classificare il lavoro agile come “accomodamento ragionevole” implica che il rifiuto ingiustificato da parte del datore di lavoro può configurarsi come una discriminazione. Questa interpretazione si fonda sull’articolo 3, comma 3-bis, del Decreto Legislativo n. 216 del 2003, che tutela i diritti dei lavoratori disabili.

I diritti dei disabili sono tutelati

Un elemento cruciale nella protezione di questi diritti è il ruolo dell’Autorità Garante per i diritti delle persone con disabilità. Il Garante svolge un’importante funzione di vigilanza, monitorando casi di discriminazione, sia diretta che indiretta, e intervenendo in situazioni in cui non venga rispettato il principio di accomodamento ragionevole.

Il Garante può effettuare verifiche d’ufficio o su segnalazione e, se necessario, proporre soluzioni per eliminare le discriminazioni. In situazioni urgenti, come il rischio di un danno grave per il lavoratore, può suggerire misure provvisorie. Inoltre, qualora le pubbliche amministrazioni non recepiscano adeguatamente le sue indicazioni, il Garante ha il potere di adire il giudice amministrativo.

Il riconoscimento dello smart working come strumento di inclusione sociale rappresenta un passo avanti verso un mercato del lavoro più equo e accessibile. La sentenza della Cassazione e il ruolo del Garante sottolineano l’importanza di un approccio inclusivo e mirato, che bilanci le esigenze dei lavoratori fragili con quelle organizzative, favorendo una società più giusta e rispettosa dei diritti di tutti.

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