Lo strumento utile per rendere più attuale possibile l’Indicatore della situazione economica di una famiglia è l’Isee corrente. Una delle critiche che possono essere mosse all’Isee è sicuramente la discrepanza netta tra anno di riferimento della prestazione e anno a cui l’Isee si riferisce come redditi e patrimoni. L’Isee corrente è lo strumento adatto a contenere questa discrepanza. Vediamo nel dettaglio come funziona.
Isee corrente, perché?
L’Iseee corrente permette ai cittadini di aggiornare il valore della certificazione, al reale stato della famiglia. Cine dicevamo l’Isee è fortemente discordante tra anno in cui si richiede la prestazione agevolata per la quale si richiede la certificazione, e anni di riferimento dei redditi. Così per esempio, la riduzione delle bollette domestiche relative all’anno 2020, le cui richieste cadono a marzo di ogni anno, si fanno con l’Isee 2020, che però ha i dati calcolato sul 2018, cioè su una situazione patrimoniale e reddituale di due anni precedente.
Per i cittadini con situazione reddituale e patrimoniale peggiorata o migliorata, occorre richiedere l’Isee corrente.
Isee corrente, cosa serve?
Per accedere all’Isee corrente occorre che la situazione di un nucleo familiare sia radicalmente cambiata. Infatti è necessario che si sia verificata ola variazione dell’attività di lavoro autonomo, di lavoro dipendente, dei trattamenti assistenziali, previdenziali ed anche di quelli esenti IRPEF, o in alternativa, la variazione oltre il 25% del reddito complessivo del nucleo familiare.
Isee corrente, le altre cose da sapere
Il modello di Isee corrente non dura un anno, ma solo 6 mesi, proprio per via della sua attualità rispetto alle condizioni del nucleo familiare. L’Isee corrente va richiesto entro due mesi dalla data in cui si è manifestata la variazione del redditi complessivo ai fini Irpef. Per ottenere l’Isee corrente occorrono la certificazione attestante la variazione della condizione lavorativa, come per esempio la lettera di licenziamento piuttosto che la chiusura della partita Iva. Potrebbe bastare anche l’autocertificazione, che comunque costringerà l’Inps a verificare la veridicità di quanto dichiarato come variazione.
Occorrerebbe anche andare a indicare quanto percepito nei 12 mesi precedenti alla presentazione dell’Isee corrente, cioè quanto incassato con le buste paga, le certificazioni uniche, i ricavi dal lavoro autonomo e anche le prestazioni assistenziali come il Reddito di cittadinanza, eventuali altri sussidi o i trattamenti di famiglia.