Nel 2012, con l’ingresso della riforma Fornero uno degli effetti più drammatici sulle pensioni degli italiani è stato quello relativo ai cosiddetti esodati. Un autentico fenomeno quello causato dalla legge Fornero varata durante il governo Monti. Una riforma che ha innalzato drasticamente i requisiti per le pensioni, e che finì per produrre un grave danno per una vasta platea di lavoratori. Molti infatti rimasero di colpo senza lavoro e senza pensione e il motivo è presto detto. Ci furono lavoratori che avendo programmato uscite negli anni successivi, avevano già prodotto le dimissioni dal loro posto di lavoro. La Fornero però introdusse regole più rigide allungando la pensione a questi lavoratori che si trovarono come detto anche senza il loro lavoro. Un problema che in parte è stato risolto con ben otto provvedimenti di salvaguardia. Una cosa che con le dovute proporzioni potrebbe materializzarsi quest’anno. Anche se a dire il vero una situazione del genere è già da diversi anni in atto.
Pensioni ed esodati, un connubio che si ripete?
Una delle misure più discusse a livello pensionistico dell’ultimo decennio è stata senza dubbio la quota 100. Varata dal governo giallo-verde di Giuseppe Conte, quello con Movimento 5 Stelle e Lega in maggioranza e con Matteo Salvini e Luigi di Maio Vicepremier, la misura fu duramente contestata. Pochi i lavoratori che hanno potuto sfruttare l’uscita dal lavoro grazie a quella misura, che aveva un’età minima fissata a 62 anni ed una altrettanto minima soglia contributiva fissata a 38 anni. Detto questo sembra che fino ad oggi circa 380.000 lavoratori sono andati in pensione con questo strumento. Pochi rispetto al milione di pensionati che si prevedeva dovessero sfruttare questo scivolo. Una misura che fin da subito si è detto che era indirizzata a lavoratori uomini e soprattutto a lavoratori statali. Tutto dipendeva dalla carriera contributiva reputata fin da subito troppo lunga.
Le novità 2023 potrebbero non essere positive
Anche di fronte ad una platea di beneficiari nettamente inferiore alle previsioni, e quindi nonostante un netto risparmio rispetto alla spesa che si preventivava, si è deciso di cancellare la misura dopo il suo triennio di sperimentazione. A dire il vero non si è deciso di cancellarla, ma semplicemente di non prorogarla visto che era nata per essere in funzione per un triennio. Dal primo gennaio del 2022 la quota 100 è sparita. Ed è entrata la quota 102. Una misura però che ha lasciato indietro diversi lavoratori che, non avendo raggiunto il requisito contributivo minimo per la quota 100 entro il 31 dicembre 2021 non erano potuti andare in pensione con quota 100. E nonostante hanno raggiunto i 38 anni di contributi versati l’anno successivo, cioè nel 2022, con 63 anni e non 64, sono stati tagliati fuori anche dalla quota 102.
Gli esclusi dalle pensioni anticipate
Infatti la quota 102 ha escluso i lavoratori con 63 anni di età perché è aumentata a 64 l’età pensionabile che per quota 100 era pari a 62 anni. Adesso sembra che si tornerà indietro ai 62 anni, con la quota 41. Ma come è evidente si continua a perseverare nelle stesse problematiche precedenti. Infatti anche il 64enne di oggi, che magari nel 2023 completerà i 38 anni di contributi versati, non potrà accedere ad una pensione come quota 102, perché adesso servirà raggiungere 41 anni di versamenti. E molti già parlano di esodati.