Una settimana importante quella trascorsa dal punto di vista previdenziale. Prima di tutto meglio chiarire che non ci sono state novità in materia pensioni, almeno novità reali. Ma non poteva essere altrimenti visto che tutta la materia previdenziale di fatto è ferma alle ipotesi relative alla nuova riforma delle pensioni. ma è proprio tra queste ipotesi che emerge una novità sorprendente. Pare infatti che risalga come importanza, l’idea di ritornare a misure che richiamano al passato, a quella quota 96 che ha lasciato tanti nostalgici. E che noi di Pensioni e Fisco da tempo segnalavamo come una ipotetica possibilità di ritornare alle pensioni di anzianità. Perché se si contesta una riforma, allora perché non cancellarla se è così tanto criticata? E parliamo della tanto discussa riforma Fornero.
La riforma delle pensioni in arrivo, ecco perché e come
Il ritorno alla quota 96 è stato l’argomento degli argomenti in quest’ultima settimana. Va detto che si tratta di una semplice idea buttata giù così, perché se è difficile varare quota 41 per tutti, lo è altrettanto la nuova quota 96. In passato questa misura consentiva di lasciare il lavoro una volta maturata la quota, ma partendo da una età minima di 60 anni e di una altrettanto minima contribuzione versata di 35 anni. Ipotizzare che si ritorni a questo, non è certo facile. Ma con i giusti accorgimenti, ecco che una vie di questo genere non sarebbe campata in aria.
Quota 96 ok, ma flessibile e con tagli di assegno
Rispetto alle quote del passato, oppure alla quota 97,6 che oggi è in vigore per i lavori usuranti, le quote di oggi sono differenti. Per esempio, la quota 41 per tutti viene chiamata così, ma non è flessibile e non prevede la somma di età e contribuzione. Potevano benissimo chiamarla pensione anticipata con 41 anni di contributi. Le quote 100, 102 o 103 che in questi ultimi 5 anni hanno consentito ad un discreto numero di lavoratori il pensionamento, mancavano di quel principio di flessibilità che una pensione a quota dovrebbe avere. Prendiamo ad esempio l’ultima quota 103. Per lasciare il lavoro serve completare esattamente almeno 62 anni di età ed esattamente almeno 41 anni di contributi. Deroghe in quest’ottica non ce ne sono.
I tagli di quota 96 e le nuove pensioni anticipate
Per esempio, chi a 61 anni ha maturato 42 anni di contributi, non può sfruttare la quota 103. Così come chi a 63 anni ha maturato 40 anni di contributi. Con la quota 96 si potrebbe lavorare in un senso diverso. Lasciandola in qualche modo pura. Significa che il pensionamento sarebbe ammesso con 63 anni di età e 33 anni di contributi per esempio, oppure con 61 anni di età e 35 di contributi. Il tutto partendo dalla combinazione principale. La riforma delle pensioni, come ripartire da 60+36, potrebbe avere una flessibilità evidente. Magari lavorando sul calcolo della pensione, penalizzando quanti escono troppo presto. Un taglio lineare di assegno in base agli anni di anticipo rispetto alla pensione di vecchiaia sarebbe una soluzione. Significa che chi esce a 60 anni subirebbe un taglio superiore a chi lo fa a 61, 62 e così via. Oppure si potrebbe imporre a tutti il ricalcolo contributivo della prestazione. Con i suoi evidenti tagli di assegno che le lavoratrici nell’orbita di opzione donna conoscono bene.