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Lavoro e busta paga: come si calcolano gli scatti di anzianità?

Ai lavoratori dipendenti spettano gli scatti di anzianità quando lavorano per un certo numero di anni per lo stesso datore di lavoro.

Gli scatti di anzianità sono previsti da moltissimi CCNL e hanno lo scopo di mantenere le risorse lavorative in azienda: l’idea che con il passare degli anni lo stipendio spettante aumenta proprio per la propria permanenza presso quel datore di lavoro incentiva molti dipendenti a non cambiare lavoro.

Si tratta, quindi, di aumenti periodici dello stipendio che variano in base all’anzianità di servizio, una sorta di premio per i lavoratori che restano fedeli per molti anni allo stesso datore di lavoro. Ma come funzionano gli scatti di anzianità?

Scatti di anzianità sullo stipendio

Gli scatti di anzianità, quindi, sono una sorta di premio per il lavoratore fedele all’impresa e si aggiungono allo stipendio dopo un certo numero di anni di servizio presso la stessa azienda. Solitamente gli scatti di anzianità compaiono dopo 2 o 3 anni di servizio (a prevedere la cadenza è il CCNL di riferimento che prevede anche un numero massimo di scatti che ogni lavoratore può maturare).

L’ammontare dello scatto varia in base al livello in cui il dipendente è inquadrato. Per il settore commercio, ad esempio, sono previsti un massimo di 10 scatti che maturano uno ogni 3 anni. L’ammontare dello scatto varia da 19,47 a 25,46 euro mensili.

Aggiungendosi alle altre voci che compongono lo stipendio del dipendente, anche gli scatti di anzianità sono sottoposti a tassazione Irpef e concorrono alla contribuzione previdenziale; questo comporta, quindi, che le cifra sopra riportate non saranno nette nelle tasche del dipendente.

Scatti di anzianità non pagati

Anche se è un dovere del datore di lavoro riconoscere gli scatti di anzianità ai propri dipendenti, il lavoratore deve controllare sulla propria busta paga che gli vengano riconosciuti. Se non sono aggiunti in busta paga quando spetterebbero, il dipendente dovrà far presente la mancanza al proprio datore di lavoro o all’ufficio risorse umane.

Se anche facendo presente la mancanza il datore di lavoro non provvede a riconoscere la somma aggiuntiva che, sottolineiamo, spetta di diritto, sarà necessario presentare una lettera formale tramite sindacato o legale di fiducia. Se anche in questo  modo non si ottiene nulla bisognerà ricorrere alla strada giudiziaria.