Ancora oggi nel 2023 il settore del lavoro domestico di badante o colf è pesantemente colpito dal lavoro sommerso. Uno dei settori notoriamente interessato dal lavoro in nero è quello che riguarda badanti, colf e baby sitter. Ciò che molti non considerano però è che anche se in nero, al termine del rapporto di lavoro il datore deve versare gli emolumenti tipici di ogni chiusura contratto. Non sono pochi i lavoratori che segnalano di non essere assunti nonostante la promessa di regolarizzazione da parte dei datori di lavoro. Il lavoro nero è un serio problema del mondo del lavoro, che non può essere certo circoscritto solo ad un determinato settore perché largamente diffuso. Ma è anche vero che nel settore del lavoro domestico resta particolarmente accentuato.
Perché lavoro nero? ecco le motivazioni che in genere spingono al sommerso
Diverse le cause scatenati di questo problema tipicamente italiano. Infatti c’è il lavoro nero su spinta dei datori di lavoro. Soluzione adottata soprattutto per risparmiare sui soldi da versare al lavoratore, sia come stipendio che come tasse, contributi, commercialista e così via dicendo. E c’è anche il lavoro nero su spinta dei lavoratori, che mentre svolgono l’attività, percepiscono sussidi come il reddito di cittadinanza o ammortizzatori sociali come la Naspi. In ogni caso, il lavoro nero non impedisce al lavoratore di richiedere ed ottenere alcuni diritti a lui spettanti, come per esempio, la liquidazione. Il trattamento di fine rapporto, che nel settore domestico può essere percepito anche ogni fine anno nella misura del 75% di quanto accantonato, è un diritto che dovrebbe spettare anche al lavoratore in nero.
Lavoro nero e TFR, come si calcola?
Se c’è assunzione, c’è anche una busta paga, e sul documento mensile che attesta lo stipendio versato da un datore di lavoro al lavoratore, c’è anche una voce che indica l’accantonamento per il TFR. Ogni mese il lavoratore mette da parte qualcosa di TFR ed è pari alla retribuzione annuale percepita diviso 13,5. Il calcolo della liquidazione per un lavoratore in nero è il medesimo di uno regolarmente assunto. Ma senza assunzione e senza busta paga come si fa a quantificare il TFR? Naturalmente per la badante o la colf in nero, l’anticipo del TFR a fine anno è alquanto difficile da ottenere. Al termine del rapporto di lavoro però questo si può quantificare, partendo sempre dalla retribuzione effettivamente percepita. Naturalmente bisogna partire anche dal giusto inquadramento. Infatti ogni mansione svolta ha il suo livello di inquadramento e naturalmente le sue voci di stipendio.
Lavoro nero badante, come dimostrarlo?
Il TFR è solo la punta dell’iceberg. Perché alla badante piuttosto che alla colf, se prestano servizio in nero, oltre alla buonuscita potrebbero essere da riconoscere anche le differenze retributive, le indennità non riconosciute, i permessi e le ferie non godute. Un salasso autentico per i datori di lavoro. E da cui difficilmente possono sfuggire. Senza considerare che il datore di lavoro potrebbe essere chiamato a pagare una pesante sanzione amministrativa oltre a dover versare i contributi previdenziali omessi, con tanto di interessi e ulteriori sanzioni. Per soli 30 giorni di lavoro in nero un datore di lavoro può essere chiamato a pagare tra 1.800 e 10.800 euro di multa. Multa che può arrivare fino a 43.200 euro se il lavoro nero si protrae per più di mesi o per più lavoratori detenuti in questa illecita modalità.