Due novità sulla pensione di vecchiaia, 3 misure allargate come durata e bonus contributivo al posto del pensionamento ma a facoltà degli interessati. Sono queste le novità della manovra di Bilancio. E sono esattamente le 6 novità sulle pensioni 2025 nella manovra che adesso andremo ad analizzare.
Le 6 novità sulle pensioni 2025 nella manovra, cosa cambia adesso?
Come tutti sanno, per accedere alla pensione di vecchiaia i contributivi puri, cioè i lavoratori che hanno il primo accredito contributivo a qualsiasi titolo successivo al 31 dicembre 1995, devono raggiungere un importo minimo di pensione. Devono infatti avere almeno 67 anni di età , almeno 20 anni di contributi ma anche una pensione non inferiore all’importo di legge dell’assegno sociale. Dal 2025 chi non arriva a 540 euro circa al mese, potrà usare ciò che ha versato alle forme previdenziali complementari per arrivare alla soglia. O magari superarla. Prendendo naturalmente ciò che gli spetta dopo i versamenti alla previdenza complementare sotto forma di rendita.
Sempre sulla pensione di vecchiaia, dalla legge di Bilancio per le lavoratrici madri se hanno avuto almeno quattro figli, c’è uno sconto sull’età pensionabile che arriva a 16 mesi. Il pensionamento può essere anticipato rispetto ai 67 anni uscendo a 65 anni e 8 mesi. Con tre soli figli, l’età sarebbe a 66, con due figli a 66 anni e 4 mesi e con un solo figlio a 66 anni e 8 mesi.
Rimandare la pensione conviene, ecco perché anche le anticipate adesso dentro il bonus
Si ripristina il bonus contributivo per i lavoratori che restano al lavoro pur avendo raggiunto i requisiti di uscita. Quello che molti chiamano Bonus Maroni si estende anche alle pensioni anticipate ordinarie oltre che naturalmente alla quota 103. Infatti lo sgravio contributivo della quota a carico del lavoratore viene così esteso a chi decide di restare a lavorare oltre i requisiti utili alla pensione. In parole povere sia chi ha già maturato i 62 anni di età ed i 41 anni di contributi utili alla quota 103 e sia chi ha completato già i 42,10 anni di versamenti per gli uomini o i 41,10 per le donne, possono godere di uno stipendio più alto per tutti i mesi in più di lavoro svolto.
I contributi a carico del lavoratore che il datore di lavoro avrebbe dovuto versare all’INPS durante gli ulteriori mesi di lavoro restano in busta paga. Aumentando il cosiddetto netto in busta.
Le tre misure confermate per il 2022
Era praticamente scontato visto ciò che si diceva nei giorni di avvicinamento alla manovra. E così è stato. La quota 103, l’Ape sociale e Opzione donna vengono di fatto confermate anche nel 2025. Anche nel 2025 si andrà in pensione con 62 anni di età e con 41 anni di contributi. Questa è la quota 103. Invece con 63,5 anni di età e 30 o 36 anni di contributi si andrà in pensione con l’Ape sociale. Ma bisogna continuare ad essere caregiver, disoccupati, addetti ai lavori gravosi o invalidi. Infine, con 59 anni di età ci sarà ancora la possibilità di raggiungere la pensione di opzione donna. Sempre con 35 anni di contributi e sempre con la misura che è appannaggio solo di invalide, caregivers, licenziate o addette di aziende con pratiche di risoluzione delle crisi avviate in sede ministeriale. E sempre con lo sconto sull’età anagrafica di uscita in base ai figli avuti e con requisiti da centrare entro il 31 dicembre dell’anno precedente.