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Maltrattamenti in famiglia, quando è reato?

I maltrattamenti da parte del partner rappresentano una violazione dei diritti umani. Minacce, atti intimidatori, percosse, umiliazioni, pressioni psicologiche e isolamento non devono essere la prassi, ecco come uscire dalla spirale della violenza.

Anche se la violenza non ha genere, solitamente quando si parla di maltrattamenti domestici ci si riferisce alla violenza dell’uomo sulla donna che ha effetti negativi non solo su chi la subisce ma anche su chi vi assiste. Nel caso infatti di bambini che siano presenti ad atti violenti tra i genitori, sono stati riscontrati spesso disturbi emotivi o del comportamento. Mentre sulla vittima gli effetti negativi possono essere a breve o lungo termine e coinvolgere non solo la sfera familiare ma anche l’attività lavorativa. Ecco, quindi, quali sono i 5 modi e consigli per uscire dalla violenza domestica.

Violenza domestica: prendere atto di subirla

Il primo passo da compiere per uscire dalla spirale della violenza domestica è prendere atto che si è vittime di abusi e maltrattamenti. Quando si subiscono dal proprio compagno/marito/fidanzato angherie ripetute e sistematiche, lo scopo è, solitamente, quello di distruggere la personalità della vittima invischiata in una relazione in cui i partner non sono mai sullo stesso piano.

L’uomo, carnefice, è sempre in una posizione di potere nei confronti della donna e, in questo modo, si distrugge qualsiasi possibilità di dialogo. La donna, di fatto non può esprimersi perché ha paura. Attenzione però, per violenza e maltrattamenti non ci si riferisce solo a quelli fisici. Anche le minacce sono un sintomo della violenza, così come gli insulti.

La violenza fisica, infatti, non è il solo modo di maltrattare una persona. Aggressioni verbali, pressioni sessuali, limitazione della libertà, gelosia e forme di controllo, umiliazioni e violenza psicologica sono abusi che, molto spesso, lasciano cicatrici molto più profonde della violenza fisica.

Uno dei campanelli d’allarme che ci deve far comprendere di essere vittime di maltrattamenti, fisici o psicologici, è l’isolamento. Spesso la donna maltrattata, infatti, viene allontanata dai suoi affetti e non frequenta più amiche o famiglia. In questo modo l’uomo ha campo libero nello svalutarla facendole credere, tra l’altro, che è sola perché non è in grado di fare nulla. E visto che le parole sono supportate dai fatti, la donna ci crede.

Proprio questa situazione di solitudine e insicurezza nelle proprie capacità, rende molto difficile alla vittima uscire da questa situazione. Ma prenderne atto è già un primo, importantissimo, passo.

L’uomo violento non cambia mai, questo va capito

Anche se per la donna maltrattata è molto difficile compiere passi che la possano, in qualche modo, far uscire dalla situazione in cui si trova, arriva un momento in cui, satura, decide di agire. Ed è proprio in quel momento che il partner, pentito, promette di cambiare.

Alle volte, invece, l’uomo violento è talmente abile da far credere alla propria compagna che le angherie altro non sono che la prova tangibile del suo amore: “se non ti amassi non sarei così geloso”, “se non fossi tutto per me non ti controllerei possono essere giustificazioni a comportamenti che, altrimenti, dovrebbero essere definiti irrazionali. L’uomo violento cerca di insinuare nella donna il dubbio facendone vacillare la sicurezza già scarsa.

Il passo successivo da compiere, quindi, è comprendere che l’uomo violento difficilmente cambia. E anche se all’inizio la donna crede al pentimento del partner, arriverà un momento in cui si renderà conto che il domani non sarà mai diverso. Ed è proprio questo il momento in cui deve agire.

Come rendersi conto del problema?

Il problema che si vive in casa, quando si subiscono maltrattamenti di ogni tipo, non va mai sottovalutato. Ma per rendersi conto della reale portata della situazione la cosa migliore è tenerne traccia. Scrivere ogni volta che c’è un episodio violento cosa capita, il motivo scatenante, la natura della violenza descrivendo anche la modalità (fisica, verbale, con pugni, calci, minacce, insulti, ecc..).

In questo modo si potrà capire che non sono episodi sporadici e non si correrà il rischio di giustificare comportamenti ingiustificabili o trovare falsi alibi al proprio carnefice costruendo una realtà che, nei fatti, è molto meno rosea di quello che si vuole credere.

Uscire dall’isolamento

Fondamentale nel momento in cui si prende coscienza di essere vittima di violenza domestica, è uscire dal proprio isolamento. E’ necessario confidarsi e raccontare quello che si sta vivendo ad amiche o a familiari. Se si riescono a nominare gli abusi, parlandone ad altri, si rendono reali e tangibili.

Molto spesso, però, le vittime di violenza si vergognano di quello che sta capitando loro e preferiscono non far sapere ai propri affetti di aver permesso al partner di prendere il sopravvento. In questo caso una soluzione potrebbe essere quella di rivolgersi al un “telefono rosa” o a uno sportello di ascolto in cui è possibile anche mantenere l’anonimato. Ma l’importante, in ogni caso, è parlare di quello che si sta vivendo.

Come uscire dalla violenza domestica e rompere la catena

Per uscire dai maltrattamenti domestici bisogna rompere la catena non legittimando più comportamenti violenti e non accettandoli passivamente. Se non si vede via d’uscita alla situazione che si sta vivendo la soluzione, anche se non semplice, è quella di lasciare il proprio partner. In questo modo si riuscirà non solo a proteggere se stessi ma anche i propri figli. La scelta può essere quella di recarsi da amici o familiari e chiedere ospitalità, ma si può scegliere anche uno dei rifugi per donne maltrattate, luoghi con indirizzi segreti che permettono alle vittime di violenza di ricevere protezione.

Violenza domestica, cosa fare per tutelarsi legalmente?

Se denunciare o meno il compagno violento è una decisione che ogni donna è libera di prendere da sola. Non è obbligata, neanche se si rivolge ad un rifugio, a denunciare chi l’ha maltrattata anche se, ricordiamo, la violenza è un reato molto grave.

Dopo un episodio con percosse sarebbe bene recarsi al pronto soccorso. Raccontando l’accaduto agli operatori sanitari si metteranno questi ultimi nella condizione d’informare l’autorità giudiziaria del reato di maltrattamenti o di lesioni personali. Con la diagnosi del pronto soccorso, poi, la vittima potrà sporgere una denuncia (o una querela) presso la questura, la stazione dei Carabinieri o alla Procura della Repubblica.

Importante allegare alla denuncia non solo i referti medici ma anche eventuali prove testimoniali di parenti, amici, vicini di casa. Per evitare che ulteriori episodi di violenza possano verificarsi la vittima sarà ascoltata dal pubblico ministero in tempi brevi (entro 3 giorni dalla segnalazione del reato). Sarà il magistrato a valutare se chiedere emissione di misure cautelari per proteggere il maltrattato. Una delle misure cautelari cui il magistrato può ricorrere è l’allontanamento del responsabile degli atti violenti dalla casa familiare. Può essere prescritto anche il divieto di avvicinarsi non solo all’abitazione della vittima ma anche ai luoghi che abitualmente frequenta come luogo di lavoro, scuola dei figli, palestra, abitazione di familiari e amici ecc…

Se la situazione non è talmente grave da ricorrere alle misure cautelari sopra descritte, può essere richiesto un ammonimento al responsabile dei maltrattamenti da parte del questore. Ma in questo caso non si garantisce l’incolumità della vittima.