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Novità Naspi 2025, ecco cosa cambia

Per la Naspi 2025 due diverse novità, entrambe sfavorevoli al lavoratore, ecco come conoscerle per evitare i rischi.

L’applicazione delle ormai nuove e già in vigore regole sulla Naspi 2025 limitano per molti lavoratori le possibilità di prendere la Naspi, cioè l’indennità per disoccupati INPS. Infatti le nuove regole introdotte sono stringenti per quanto riguarda la possibilità di un lavoratore che perde il posto di lavoro di percepire il sussidio. Bastano piccoli errori, piccole dimenticanze o scarsa conoscenza delle nuove regole per finire con il perdere il diritto all’indennità per disoccupati INPS. Ma è pure vero che basta una migliore conoscenza delle norme, una maggiore attenzione e dei piccoli accorgimenti e questi rischi scompaiono. Sono due le grandi novità sulla Naspi che rischiano davvero di renderla meno fruibile rispetto al passato. E conoscere le due novità è fondamentale affinché gli interessati superino i nuovi ostacoli stabiliti al diritto di fruizione dell’indennità.

Novità Naspi 2025, ecco cosa cambia

Il primo appunto da muovere riguardo le novità che sono state introdotte sull’indennità per disoccupati INPS è quella relativa al cosiddetto licenziamento indotto? In pratica quando la voglia comune per il datore di lavoro e per il lavoratore dipendente è quella di interrompere il rapporto di lavoro, di fronte alla Naspi ci sono due diversi interessi. Da un lato c’è quella del lavoratore dipendente che preferisce farsi licenziare e non dare le dimissioni volontarie perché in questo secondo caso la Naspi 2025 non sarebbe fruibile. Questo perché per percepire la Naspi la perdita del posto di lavoro deve essere involontaria e quindi deve provenire da cessazione di un rapporto di lavoro a termine, licenziamento individuale, collettivo, disciplinare o per dimissioni per giusta causa. Esclusa la Naspi quindi per le dimissioni volontarie. Dal punto di vista del datore di lavoro invece la situazione è esattamente l’opposto. Quest’ultimo infatti preferirebbe le dimissioni del lavoratore dipendente al posto della del licenziamento. Perché in caso di licenziamento il datore di lavoro deve versare il ticket licenziamento, cioè un corrispettivo che serve per finanziare in parte la Naspi che il disoccupato percepirà. In pratica licenziare un dipendente al datore di lavoro costa, mentre con le dimissioni nessun costo.

I due interessi contrapposti tra datore di lavoro e lavoratore

La premessa serve per capire che a volte ci sono delle pratiche che vengono adottate dal lavoratore per riuscire ad ottenere ciò che vuole, ovvero essere licenziato anche se nel suo inconscio, c’è la volontà di dare le dimissioni. Evitare di perdere la Naspi è l’obiettivo del lavoratore. Obiettivo del datore di lavoro è evitare di pagare il ticket. Così un dipendente può spingere il datore di lavoro al licenziamento, semplicemente assentandosi continuamente senza dare le giuste e dovute spiegazioni. In quel caso il datore di lavoro lo licenzia. Ma adesso può licenziarlo adducendo alla giusta causa e alle troppe assenze ingiustificate. In questo caso la novità è che questo genere di licenziamento viene considerato di fronte al diritto alla Naspi 2025, alla stregua delle dimissioni volontarie. Niente Naspi in questo caso.

Licenziamento, dimissioni e novità Naspi 2025

Il caso prima citato che riguarda una delle due novità di cui parliamo oggi riguarda un dipendente che non si accorda con il datore di lavoro per essere licenziato. Ma ci sono casi in cui datore di lavoro e lavoratore cercano di aggirare le norme e di riuscire ad ottenere ognuno i suoi interessi. Che come detto sono contrapposti. Il datore di lavoro chiede al dipendente di dare le dimissioni e così evita di pagare il ticket. Il dipendente, dopo pochi giorni, grazie allo stesso datore di lavoro, riesce a trovare assunzione in qualche azienda compiacente (il ticket è tanto più alto quanto più è lunga l’anzianità di assunzione). Ma oggi questo nuovo lavoro per tornare a dare diritto alla Naspi nel 2025 e dopo le dimissioni, non può essere corto. Se fino ad oggi non c’erano limiti temporali per un nuovo contratto dopo le dimissioni, adesso la nuova assunzione deve essere lunga almeno 3 mesi.