Andare in pensione nel 2023 potrebbe essere qualcosa di mai visto prima. Infatti potrebbe essere una possibilità migliore perfino della quota 100 del triennio 2019-2021. Pensione 61 anni o senza limiti di età, sono queste due delle ipotizzate misure che potrebbero fare capolino per il 2023. Tutto dipenderà da cosa il Governo Meloni vorrà fare. Infatti se davvero vorrà mettere le mani sul sistema previdenziale, correggendolo ed evitando il ritorno alla Legge Fornero, allora si che tutto potrebbe cambiare. Vediamo come potrebbero andare in pensione i lavoratori con due nuove misure che non necessariamente sono alternative tra loro e che potrebbero fare entrambe l’apparizione nel sistema.
Pensione 61 anni o senza limiti di età, le due strade sono percorribili?
Effettivamente si tratterebbe di due misure che produrrebbero gioco forza un aumento della spesa pubblica italiana. Ma è anche vero che sarebbero misure flessibili che lascerebbero ai lavoratori la scelta di utilizzarle o meno e soprattutto, di scegliere quando utilizzarle. Partiamo dalla quota 41 per tutti. Si tratterebbe di aprire al pensionamento a quanti hanno raggiunto i 41 anni di contributi versati. Una alternativa ai 42 anni e 10 mesi tipici della pensione anticipata canonica (per le donne 41 anni e 10 mesi). Un vantaggio di 22 mesi per gli uomini e di 10 mesi per le donne. Una variante meno onerosa per la casse dello Stato sarebbe impostare a 61 anni l’età minima per lasciare il lavoro una volta raggiunti i 41 anni di contributi. In pratica si chiederebbe ai lavoratori di completare quanto meno la quota 102, con soglie fisse 61 anni di età e 41 anni di contributi versati.
Le pensioni a 61 anni con quota 100 o quota 102
Quota 102 sarebbe anche la possibilità che verrebbe fuori dalle pensioni flessibili dai 61 anni. Infatti un’altra via è quella di dare ai lavoratori la possibilità di accedere alla pensione una volta aggiunta la quota. L’età minima sarebbe sempre a 61 anni, mentre la contribuzione a 36 anni. Significa che potrebbero lasciare il lavoro a 61 anni quelli con 41 anni di contributi. E così, a 62 anni basterebbero 40 anni di contribuzione, a 63 anni 39, a 64 ne servirebbero 38, a 65 “solo” 37 come a 66, 36. Scenderebbe a 35 anni la soglia minima se da quota 102 si passa a quota 100. Uscirebbero a 61 anni quanti hanno 39 anni di contributi, a 62 anni chi ne ha 38, a 63 anni quelli con 37 e così via fino alla combinazione finale di 65 anni di età e 35 di contributi.