Da qualche anno andare in pensione prima dei 67 anni è diventato molto difficile e richiede un gran numero di anni di contributi versati. Per il 2024 e per il 2025 l’età pensionabile per accedere alla pensione di vecchiaia è fissata, appunto a 67 anni, ma dopo una pronuncia della Corte di Cassazione diventa più facile andare in pensione a 63 anni e 5 mesi.
Solo chi ha avuto una carriera ricca e fortunata riesce ad anticipare la pensione, ma ci sono due misure che permettono di andare in pensione a chi ha perduto il lavoro involontariamente. Escludendo la pensione per lavoratori precoci, che richiede di aver iniziato a lavorare prima dei 18 anni, la misura che resta è l’Ape sociale che permette l’accesso a 63 anni e 5 mesi e con soli 30 anni di contributi.
Si tratta di requisiti facilmente raggiungibili se non fosse che la misura richiede anche di appartenere a una delle categorie che necessita di tutela. L’accesso è consentito anche a chi ha perso involontariamente il lavoro e, quindi, rientra tra i licenziati e coloro a cui è scaduto, senza rinnovo, il contratto a termine.
Prima la Naspi e poi la pensione
La regola generale che abbiamo conosciuto fino ad ora voleva che il lavoratore disoccupato per accedere alla pensione con Ape sociale finisse di percepire l’intera Naspi spettante. Inizialmente, come per la quota 41, anche per l’Ape sociale era richiesto di attendere 3 mesi dal termine della Naspi per accedere alla pensione, la normativa, invece, ora non chiede più questa finestra di attesa e il disoccupato in Naspi può accedere anche al termine dell’indennità, a patto di aver compiuto i 63 anni e 5 mesi e di aver maturato i 30 anni di contributi.
Ape sociale anche senza Naspi
La Corte di Cassazione con la sentenza 24950 del 2024 sovverte le regole dell’Ape sociale. Fino a prima della sentenza per l’accesso era necessario che il disoccupato avesse preso interamente la Naspi, ma la Corte sottolinea che alla pensione in questione si può accedere anche senza aver percepito l’indennità di disoccupazione.
La Suprema Corte sottolinea, infatti, che la Legge di Bilancio 2017 che ha introdotto l’Ape Sociale richiede la Naspi sia cessata, non l’obbligo di averla fruita. E di fatto per 7 anni l’Inps ha preteso che fossero soddisfatti requisiti sbagliati.
I Giudici sottolineano che: “Il diritto all’APE Sociale, in applicazione dell’art. 1 comma 179 legge n. 232 del 2016, richiede – tra gli altri requisiti – uno stato di disoccupazione in capo al beneficiario, ma non postula che lo stesso abbia beneficiato dell’indennità di disoccupazione, prevedendo soltanto che ove l’interessato abbia beneficiato della detta indennità, la stessa sia cessata”.
L’Ape sociale, quindi, non è subordinata alla Naspi ma ne chiede solo la cessazione, l’integrale fruizione laddove sia in essere.
Dopo questa sentenza, quindi, accedere all’Ape sociale diventa più facile per chi è disoccupato, visto che non è necessario accedere alla Naspi per poter chiedere la pensione, l’importante è che l’indennità di disoccupazione non sia in essere. La Naspi non è un requisito per l’Ape sociale mentre resta un requisito imprescindibile l’aver perso il lavoro a seguito di licenziamento o a seguito di scadenza contratto a termine (in questo secondo caso altri requisito è aver lavorato come dipendente per almeno 18 mesi negli ultimi 3 anni).
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