Estendere ciò che viene previsto per i contributivi puri anche ai retributivi e ai misti. È questo ciò che anche secondo la Corte dei Conti dovrebbe essere previsto per l’Italia e per il suo sistema previdenziale.
Il post quota 100 soprattutto alla luce dei dati di una relazione della Corte dei Conti dovrebbe partire proprio da una età pensionabile di due anni peggiorativa rispetto a quota 100. Si passa dai 62 ai 64 anni.
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Pochi i quotisti puri
Ciò che emerge è proprio il fatto che nel triennio di sperimentazione di quota 100, non superano il 10% i lavoratori che sono riusciti ad uscire dal lavoro a 62 anni. L’età più gettonata per quota 100 risulta essere una via di mezzo tra i 63 ed i 64 anni.
Per questo si pensa a una misura che consenta l’uscita flessibile dai 64 anni. Un occhio di riguardo sempre a donne e categorie particolari come prevedono opzione donna o l’Ape sociale, ma dovrebbe essere concesso a tutti di uscire con flessibilità dai 64 anni con 20 anni di contribuzione.
Opzione estesa pure ai retributivi
Una misura di questo genere esiste già e consente proprio la pensione con 64 anni di età e 20 di contribuzione versata. È la pensione anticipata contributiva.
La misura riguarda però solo chi ha versamenti successivi al 1995. Oltre al doppio requisito anagrafico e contributivo, serve una pensione pari a circa 1.288 euro al mese, cioè sopra le 2,8 volte il trattamento minimo.
Per evitare disparità di trattamento tra lavoratori e contribuenti, la soluzione ipotizzata sarebbe l’estensione, anche a chi ha il primo contributo versato precedente il primo gennaio 1996, della misura.