Dal 2027 il sistema pensionistico italiano potrebbe subire cambiamenti profondi che potrebbero mettere la pensione a rischio (così come, potrebbe restare tutto inalterato). Tra allarmi lanciati dagli esperti e prime ipotesi governative, cresce la preoccupazione tra chi si avvicina alla pensione o teme un inasprimento dei requisiti. Ma quali sono i reali rischi e come si può provare a tutelare il proprio futuro previdenziale?
Pensione a rischio dal 2027, cosa potrebbe cambiare?
La vera incognita si chiama aspettativa di vita. A partire dal 2027 è prevista una revisione automatica dei requisiti pensionistici proprio in base a questo parametro. Se l’ISTAT confermerà un aumento della speranza di vita, si potrebbe assistere a un innalzamento dell’età per la pensione di vecchiaia e, di conseguenza, anche dell’anzianità contributiva necessaria per le pensioni anticipate. Il meccanismo è molto semplice: l’INPS suppone di dare la pensione a ogni lavoratore per un certo numero di anni, se l’aspettativa di vita si allunga, per non rischiare di erogare la pensione per troppi anni, si rende l’accesso più lontano, richiedendo un’età più alta o più anni di contributi.
A oggi, l’età di uscita è fissata a 67 anni per la pensione di vecchiaia e a 42 anni e 10 mesi di contributi (41 e 10 per le donne) per la pensione anticipata ordinaria. Se l’andamento demografico non rallenta, dal 2027 l’età pensionabile salirebbe a 67 anni e 3 mesi per la pensione di vecchiaia e sarebbero richiesti 43 anni e 1 mese di contributi (per le donne sempre un anno in meno) per la pensione anticipata ordinaria.
Inoltre, l’aumento del debito pubblico e le sfide legate alla sostenibilità della spesa previdenziale stanno alimentando il dibattito su una possibile stretta futura. Si parla già di una nuova riforma strutturale, che potrebbe cancellare molte forme di flessibilità oggi ancora in vigore.
Come tutela la futura pensione
In questo contesto incerto con la pensione che appare a rischio dal 2027, chi ha ancora qualche anno di carriera lavorativa davanti può adottare strategie mirate per evitare brutte sorprese in futuro.
La prima è verificare con attenzione la propria posizione contributiva, attraverso il fascicolo previdenziale INPS, per identificare eventuali buchi contributivi o periodi non ancora accreditati. Spesso è possibile colmare i buchi con il riscatto di periodi scoperti, come la laurea o gli anni di inattività involontaria.
Un altro strumento prezioso è rappresentato dai contributi figurativi. Malattia, disoccupazione, maternità, servizio militare: sono tutti periodi che, se ben gestiti, possono aiutare a raggiungere prima i requisiti per la pensione.
C’è poi la possibilità di valutare il riscatto agevolato della laurea per chi è nel sistema contributivo puro, oppure di optare per l’APE volontario se nei prossimi anni dovesse essere reintrodotto. Si tratta di una forma di uscita flessibile con prestito bancario, che nel passato ha rappresentato una valida opzione per molti lavoratori a partire dai 63 anni.
Infine, molti esperti consigliano di affiancare alla pensione pubblica una previdenza complementare. Versare contributi in un fondo pensione, soprattutto da giovani, permette di costruire un secondo pilastro pensionistico in grado di integrare l’assegno pubblico, che rischia di diventare sempre più magro.