Pensioni anticipate 2025, quali cambiamenti si devono attendere? Si parla di un allungamento dei requisiti di accesso che potrebbe richiedere, per gli uomini 43 anni e 4 mesi, mentre per le donne 42 anni e 4 mesi di contributi.
Il tema pensioni, come ogni anno al termine dell’estate, è quello più caldo nel dibattito politico. Le misure previdenziali per l’anno successivo, infatti, vanno inserite nella manovra di fine anno. Per il 2025 l’intenzione del Governo è senza dubbio l’incentivare la permanenza al lavoro e lo scoraggiare le uscite anticipate. Proprio su questa falsariga, infatti, si stanno studiando penalizzazioni per chi lascia il lavoro con anticipo (quota 41 con penalizzazioni che, tra l’altro, sono state già previste nel 2024 per la quota 103) e bonus e incentivi per chi decide di rimanere al lavoro.
Una misura, però, che non può prevedere penalizzazioni è la pensione anticipata ordinaria che, oggi, richiede 42 anni e 10 mesi di contributi per gli uomini e 41 anni e 10 mesi di contributi per le donne.
L’idea del Governo, però, è quello di mettere le mani anche sulla Legge Fornero, non per abolirla come promesso in più di un’occasione, ma per peggiorarla.
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Pensione anticipata 2025 più rigida
L’idea è quella di prolungare la permanenza al lavoro dei cittadini allungando le finestre necessarie per accedere alla pensione anticipata ordinaria: una finestra di attesa di 7 mesi rispetto a quella oggi prevista di 3 mesi.
Già nel 2024 era stata prevista una finestra di uscita più lunga per accedere alla pensione quota 103 e la stessa strategia potrebbe essere attuata per la pensione anticipata ordinaria. Pur mantenendo i requisiti di accesso alla misura, prevedere finestre di attesa più lunghe.
Oggi per accedere alla pensione anticipata ordinaria sono necessari:
- 42 anni e 10 mesi di contributi e una finestra di attesa di 3 mesi (43 anni e 1 mese) per gli uomini;
- 41 anni e 10 mesi di contributi e una finestra di attesa di 3 mesi (42 anni e 1 mese) per le donne.
Allungando la finestra di attesa da 3 a 7 mesi si potrà accedere alla pensione solo dopo che siano trascorsi:
- almeno 43 anni e 5 mesi dall’inizio del lavoro per gli uomini;
- 42 anni e 5 mesi dall’inizio del lavoro per le donne.
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Senza inasprire i requisiti, in questo modo, ci si garantirebbe una permanenze al lavoro per 4 mesi in più (a meno che il lavoratore non voglia restare per tutti i mesi di finestra senza stipendio e senza pensione). In questo modo, però, i lavoratori che scegliessero di continuare a lavorare avrebbero accesso alla pensione con ulteriori 4 mesi di contributi (e con un coefficiente di trasformazione più conveniente).
L’idea che piace meno, però, prevede che anche per le pensioni anticipate ordinarie sia prevista l’introduzione del ricalcolo interamente contributivo: basare l’assegno solo sui contributi versati, infatti, provocherebbe un danno economico a tutti coloro che scegliessero la misura. Basti pensare che il calcolo contributivo nel 2025 sarà in vigore da soli 29 anni e nella maggior parte dei casi i lavoratori avrebbero almeno 14 anni versati nel sistema retributivo. Un danno di non poca portata se ci si fa bene i conti, senza considerare che molti lavoratori, tra l’altro, hanno ancora almeno 18 anni di contributi versati al 1996 e in questo caso il calcolo retributivo spetterebbe fino al 2011.
La scelta sembra piuttosto improbabile e si tratta, quasi certamente, di una ipotesi avanzata per risparmiare sulla spesa pensionistica e scoraggiare le uscite anticipate. Appare molto improbabile, però, che opposizioni e sindacati accettino una scelta del genere.