Una novità che apre le porte alla pensione anticipata con Ape sociale anche a coloro che non hanno goduto della Naspi. Si tratta di una vicenda che apre le porte alla pensione anticipata a 63 anni e 5 mesi a una platea molto più vasta di lavoratori e tutto grazie a una ordinanza.
L’ordinanza è la 24950 dello scorso 17 settembre nella quale la Corte di Cassazione Sezione Lavoro afferma il principio che “il diritto all’APE sociale, in applicazione dell’articolo 1, comma 179, legge n. 232 del 2016, richiede – tra gli altri requisiti – uno stato di disoccupazione in capo al beneficiario, ma non postula che lo stesso abbia anche beneficiato dell’indennità di disoccupazione, prevedendo soltanto che, ove l’interessato abbia beneficiato della detta indennità, la stessa sia cessata”.
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Pensione anticipata senza Naspi
I Supremi Giudici hanno postulato sulla vicenda di una ex dipendente che aveva impugnato il provvedimento con il quale l’Inps gli negava l’accesso all’Ape sociale per non aver beneficiato della Naspi.
Anche il Tribunale e la Corte di Appello, in sede di ricorso, dava ragione all’Inps specificando che oltre allo stato di disoccupazione per aver diritto alla misura è necessario aver beneficiato anche dell’intera Naspi spettante.
I disoccupati possono beneficiare dell’Ape sociale in caso di licenziamento, dimissioni per giusta causa, risoluzione consensuale per motivazioni economiche, per fine contratto a termine (a patto che il lavoratore abbia almeno 18 mesi di contributi nei 36 mesi precedenti). La misura richiede che il lavoratore abbia terminato di fruire dell’intera indennità di disoccupazione da almeno 3 mesi.
Su questo ultimo punto la Corte di Cassazione fornisce un’interpretazione del tutto nuova chiarendo che ai fini dell’accesso alla pensione Ape sociale la “norma non prevede la condizione positiva della fruizione dell’indennità di disoccupazione, ma solo la condizione negativa della cessazione della fruizione della stessa”.
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Ape sociale senza Naspi
I Supremi Giudici puntualizzano che “la norma richiama una contribuzione di 30 anni e dunque ammette implicitamente che i requisiti dell’APE sociale sono diversi da quelli della disoccupazione”.
I Giudici della Suprema Corte interpretano il richiamo alla cessazione della fruizione della Naspi come uno stato di bisogno che mette il soggetto nella condizione di aver bisogno di tutela da parte dello Stato.
La Corte di Cassazione, quindi, dopo 5 anni che la misura è in vigore, esprime il parere che nessuna norma subordina la concessione della prestazione alla fruizione dell’indennità di disoccupazione. Soltanto laddove l’interessato la percepisca, deve fruirla del tutto e la stessa deve essere cessata.
In passato più di una volta uno sfortunato lavoratore che, per qualsiasi motivo aveva perso l’opportunità di fruire della Naspi, si era visto negare anche l’accesso alla pensione. Dopo l’ordinanza della Corte di Cassazione questo non accadrà più perché l’Ape sociale, secondo i giudici, spetta anche senza aver fruito della Naspi. Basta lo stato di disoccupazione a seguito di uno dei motivi che la normativa prevede.
Dal 2019 sia l’Inps che il Ministero del Lavoro hanno sempre interpretato il passaggio relativo alla disoccupazione come un evento che subordinasse il diritto all’Ape sociale, ma secondo i Giudici questa interpretazione è priva di fondamento. Nelle motivazioni dell’ordinanza i Giudici spiegano che “una interpretazione letterale e logica della norma milita nel senso che è richiesto il requisito della distanza temporale tra la disoccupazione e l’APE sociale solo dove sia stata fruita concretamente l’indennità di disoccupazione, laddove tale fruizione non condiziona affatto il diritto all’APE”.