Soprattutto nel metodo contributivo che è il sistema adottato oggi per pagare le pensioni da parte dell’INPS, far salire la pensione come importo non può non passare dal versamento dei contributi. Ma se c’è chi pensa che l’unica via per prendere una pensione più alta sia quella del versamento dei contributi nel montante, è fuori strada.
In effetti una pensione può salire di importo semplicemente sfruttando delle regole di calcolo più favorevoli, che si basano soprattutto sull’età di uscita dal mondo del lavoro. Posticipando l’uscita si può prendere una pensione più elevata. Ma è anche vero che rimandare la pensione fa perdere mensilità di trattamento.
Ed i calcoli vanno fatti per bene, per capire se effettivamente sia conveniente rinunciare alla pensione subito o se è meglio andarci immediatamente. Però se il discorso è solo sul calcolo della pensione, allora è evidente che più in età avanzata si lascia il lavoro più si prende di trattamento.
Come prendere una pensione più alta
La riforma delle pensioni di Elsa Fornero, introdotta con la Legge n° 214 del 22 dicembre 2011, ha inasprito sensibilmente i requisiti per andare in pensione.
La platea dei lavoratori di fatto venne divisa tra vecchi e nuovi iscritti, ovvero tra chi aveva iniziato a lavorare prima di un’altra riforma delle pensioni, cioè quella contributiva di Lamberto Dini e chi aveva iniziato dopo.
E la data spartiacque di questa distinzione era quella del 1° gennaio 1996. Chi aveva iniziato a versare prima del 1996 venne considerato come vecchio iscritto e soggetto alle regole di calcolo della pensione secondo il metodo misto.
Chi invece aveva iniziato a lavorare dopo il 31 dicembre 1995, e di conseguenza a versare contributi a qualsiasi titolo dopo tale data diventò un nuovo iscritto altrimenti detto un contributivo puro. Il calcolo della pensione divenne meno favorevole, ma allo stesso tempo, per i nuovi iscritti vennero introdotte alcune agevolazioni in materia di uscita dal mondo del lavoro.
La data di iscrizione alla previdenza obbligatoria è importantissima
I nuovi iscritti infatti godono di alcuni vantaggi. Perché possono andare in pensione anche a 64 anni di età con le pensioni anticipate contributive come alternativa alla pensione di vecchiaia a 67 anni. Ma possono andare in pensione anche a 71 anni con le pensioni di vecchiaia contributive, cosa questa che per i vecchi iscritti non c’è. Infatti questi ultimi possono uscire dal lavoro solo a 67 anni di età.
Un’altra differenza riguarda alcune cifre aggiuntive della pensione. Perché per i vecchi iscritti ci sono però le maggiorazioni sociali e le integrazioni. Strumenti che servono proprio a far lievitare l’importo del trattamento pensionistico. Strumenti che per i contributivi puri non ci sono. Per lasciare il lavoro a 67 anni nel 2024 i contributivi puri non possono prendere una pensione più bassa dell’Assegno sociale, cioè di 534,41 euro al mese per il 2024, altrimenti la domanda viene respinta. I vecchi iscritti invece non sono assoggettati all’importo.
A 64 anni di età e con 20 anni di contributi almeno, solo i nuovi iscritti hanno diritto alla pensione anticipata contributiva. Devono però arrivare a prendere una pensione pari o superiore a 3 volte l’Assegno sociale, oppure solo per le donne con due o più figli a 2,6 volte l’Assegno sociale o con un solo figlio a 2,8 volte. Altro vantaggio per i contributivi è la pensione a 71 anni, anche con solo 5 anni di contributi.
Le regole di calcolo dei trattamenti
Il sistema di calcolo della pensione con il metodo contributivo vale per i nuovi iscritti. E vale anche per i vecchi, ma solo per la parte di pensione relativa ai periodi di contribuzione successivi al 31 dicembre 1996 (o al 31 dicembre 2011 per chi ha almeno 18 anni di versamenti al 31 dicembre 1995).
Nel sistema contributivo il lavoratore mese per mese destina il 33% dello stipendio alla pensione futura. Questi prelievi finiscono in una specie di salvadanaio maturando indicizzazione per via del tasso di inflazione. E poi il totale rivalutato viene moltiplicato per dei coefficienti che sono più favorevoli a chi esce più tardi dal lavoro.
Ecco perché rimandare la pensione anche di un solo anno produce un incremento di assegno per via del coefficiente usato che è più favorevole. Per esempio, a 71 anni il coefficiente è pari al 6,655%, mentre a 67 anni è pari al 5,723% e a 64 anni è pari al 5,184%. Significa che a parità di montante, chi prende una pensione a 67 anni prende un trattamento maggiore di chi lo fa a 64 anni. Così come chi invece va in pensione oltre i 67 anni prenderà un trattamento superiore a chi lo fa a 67 anni esatti.