Sono moltissimi i lavoratori che si chiedono se anticipare la pensione sia una scelta economicamente saggia. Rimanere a lavoro qualche anno in più ripaga sull’assegno previdenziale?
Sicuramente anticipare il pensionamento ha un prezzo e più sono gli anni di anticipo più il prezzo diventa salato, ma molti sono disposti a pagare pur di uscire dal mondo del lavoro. Non stiamo parlando di penalizzazioni sull’assegno previdenziale (che attualmente prevede solo l’opzione donna) ma proprio di perdita sull’assegno massimo ottenibile.
Ma allora, quanto vale sull’assegno di pensione un anno di lavoro in più? Scopriamolo facendo due rapidi calcoli in base anche allo stipendio annuo per capire se l’anticipo conviene oppure no.
Quanto aumenta la pensione con un anno di contributi in più?
Da premettere fin da subito che la risposta che stiamo per dare non è univoca e non è uguale per tutti i lavoratori visto che ad influire non è solo il numero di anni di contributi versati ma anche il reddito, l’età del lavoratore al momento dell’accesso alla pensione, il calcolo applicato per la pensione e, ovviamente, la gestione di appartenenza.
Partiamo dal sistema di calcolo della pensione che può essere contributivo, retributivo o misto. Ricordiamo che il calcolo retributivo si applica fino al 31 dicembre 1995 per chi a quella data aveva un’anzianità contributiva inferiore ai 18 anni, e fino al 31 dicembre 2011 per chi al 31 dicembre 1995 aveva maturato almeno 18 anni di contributi versati.
Il calcolo retributivo prevede che la pensione si suddivida in due quote, A e B dove la quota A si basa sugli ultimi 5 anni di retribuzione e sulle settimane di contributi versati al 1992, mentre le quota B si calcolo sugli ultimi 10 anni di stipendio.
Questo cosa significa traducendolo in pratica? Che se un lavoratore che ha molti anni di contributi che ricadono nel sistema retributivo resta in servizio perchè prevede uno scatto di stipendio questo avrà un peso determinante nel calcolo della futura pensione. Se invece un lavoratore vuol permanere in servizio ma con uno stipendion più basso o addirittura con un contratto part time, la quota retributiva della pensione sarebbe destinata ad un drastico peggioramento ed il lavoratore, di fatto, non trarrebbe alcun vantaggio dal maggior numero di anni di contributi accreditati.
Pert il calcolo contributivo, invece, non si deve tener conto della retribuzione in quanto ogni contributo versato ha lo stesso valore: pensiamo ad una sorta di salvadanaio in cui mensilmente i lavoratori versano i propri contributi che a fine carriera, rivalutati, daranno luogo all’assegno della pensione.
Questo calcolo, ovviamente, si basa solo ai lavoratori dipendenti che annualmente versano tutti la stessa percentuale di contributi sul proprio stipendio. Supponiamo uno stipendio medio di 25mila euro l’anno. L’aliquota contributiva da versare è pari al 33% dello stipendio annuo ed in questo caso si verserebbero, in un anno in più lavorato 8250 euro di contributi. Questi vanno rivalutati e per convertirli in pensione va applicato il coefficiente di trasformazione che varia in base all’età. Applicando un coefficiente di trasformazione medio del 5% un anno di lavoro in più, in questo caso, aumenterebbe l’assegno previdenziale di 34,5 euro al mese.