Fin da quando sono iniziati i tavoli di confronto in ambito previdenziale tra governo e sindacati, le parti sociali hanno premuto su una flessibilità in uscita a 62 anni e sull’attuazione della quota 41 per tutti senza paletti e vincoli.
Una pensione di vecchiaia, quindi, al raggiungimento dei 62 anni ed una pensione anticipata con 41 anni di contributi, due misure che riformerebbero l’attuale legge Fornero.
Riforma pensioni
I prossimi incontri tra governo e parti sociali si avranno l’8 ed il 16 settembre ed in essi, senza ombra di dubbio, il governò sarà chiamato a sciogliere le riserve su queste due misure.
Il Messaggero, a tal proposito, anticipa quelle che potrebbero essere le mosse del governo in tal senso togliendo ogni speranza per l’attivazione della quota 41 per tutti.
Ancora speranze, però, ci sono per l’attuazione della flessibilità a 62 anni che, però, sarà vincolata a penalizzazioni per ogni anno di anticipo.
Si è parlato anche di un ricalcolo interamente contributivo dell’assegno previdenziale ma in tal senso abbiamo la sicurezza che il governo incontrerebbe, senza alcuna ombra di dubbio, lo sbarramento da parte dei sindacati che ritegono la cosa troppo penalizzante.
La pensione a 62 anni con penalizzazioni per ogni anno di anticipo rispetto ai 67 anni, andrebbe a coprire i costi dell’anticipo poichè lo stesso ricadrebbe sul lavoratore e non sulle casse dello Stato.
Se la misura venisse approvata si potrebbe continuare ad accedere al pensionamento a 62 anni anche dopo la scadenza della quota 100 (anche se resta da capire con quanti anni di contributi sarebbe permesso).
La penalizzazione per ogni anno di anticipo sarebbe compresa tra il 2,8 ed il 3% e questo, di fatto significherebbe una penalizzazione del 15% por chi accede a 62 anni.