Molti lavoratori sono convinte che a prescindere da tutto a 67 anni avranno diritto alla pensione minima se hanno versato almeno 20 anni di contributi. Ma non è così.
Iniziamo con il dire che non esiste una pensione minima ma che l’assegno viene calcolato sui contributi versati. Poi, in alcuni casi, potrebbe esserci il diritto all’integrazione al trattamento minimo. Che ad oggi porterebbe l’importo della pensione a 535 euro circa mensili circa.
Pensione minima 2023, non per tutti
L’integrazione al trattamento minimo, però, non spetta a tutti. Innanzitutto è una agevolazione che è riconosciuta solo a chi ricade nel calcolo misto. Pertanto per chi ha contributi versati solo a partire dal 1996 non spetta in nessun caso. Perchè ricade nel sistema contributivo puro.
In secondo luogo per avere diritto all’integrazione al minimo si devono rispettare determinati requisiti di reddito personali e coniugali. Che se si superano fanno perdere il diritto alla pensione minima e quello che spetta è il semplice assegno di pensione maturata con il calcolo dei contributi versati. Che se derivano che contribuzioni basse potrebbe essere anche di 300 euro, per esempio.
Ma che redditi servono per avere diritto alla pensione minima per chi ricade nel sistema misto? Per il diritto integrazione totale il reddito personale limite deve essere pari a 6.816,55 euro; mentre l’integrazione parziale può essere concessa per redditi personali fino a 13.633,10 euro. Oltre tale cifra è esclusa l’integrazione.
I redditi coniugali (propri più quelli del coniuge) invece non devono superare 4 volte il trattamento minimo nell’anno di riferimento pari cioè per il 2022 a 27.266,20 euro. Se superano tale somma si è esclusi dal beneficio. Fermo restando il limite personale che non deve essere superato.
