Addio a quota 100 nel 2022, questo ormai è un dato di fatto visto che è confermato come nessuna proroga verrà prevista per quella che resta la misura previdenziale più discussa dell’ultimo decennio. La durata di quota 100 quindi è rimasta quella iniziale, cioè 3 anni di sperimentazione.
Il sistema previdenziale però è strutturato in modo tale che se una misura è in funzione in un determinato periodo, se un lavoratore matura i requisiti previsti durante il funzionamento della misura, il suo diritto a sfruttare il beneficio della misura non viene perduto.
Si chiama “cristallizzazione” del diritto e vale per una qualsiasi delle misure previdenziali oggi vigenti, compresa naturalmente la quota 100.
L’importanza di centrare i requisiti entro la fine dell’anno 2021
Quando si parla di quota 100 e di scalone che resterà dopo la sua fine il 31 dicembre prossimo si parla sostanzialmente del fatto che chi non avrà la “fortuna” di completare i 62 anni di età ed i 38 anni di contributi entro la fine del 2021, verrà tagliato fuori dalla misura tornando nelle “grinfie” dei pesanti requisiti della riforma Fornero.
In altri termini, anche per un solo giorno di differenza come anno di nascita, tra chi è nato a fine dicembre 1959 e chi invece è nato ad inizio gennaio 1960, la pensione si sposta di ben 5 anni, passando dalla facoltà di anticipare l’uscita con quota 100 a 62 anni, a dover attendere il compimento del 67imo anno di età con la pensione di vecchiaia ordinaria.
E così il signor Bianchi, nato il 20 dicembre 1959 andrà in pensione nel 2021 grazie ai 38 anni di contributi maturati il 1° novembre 2021, mentre il signor Rossi, nato il 10 gennaio 1960, nonostante anche lui ha completato il 38imo anno di contribuzione il 1° novembre 2021, dovrà aspettare l’inizio del 2027 per poter andare in pensione con la quiescenza di vecchiaia ordinaria.
Quota 100 e diritto cristallizzato
Se per l’età anagrafica intesa come requisito per la quota 100 c’è poco da fare, perché se non si completano i 62 anni di età con quota 100 attiva, si viene esclusi dalla misura a priori, per i contributi il discorso è simile, ma differente per via di alcune misure che offrono soluzioni che magari sono poco note.
Come anticipato, chi completa i 62 anni di età ed i 38 anni di contributi per la quota 100 entro la fine del corrente anno, non deve necessariamente uscire dal lavoro nel corso del 2021. Potrà benissimo restare in servizio, magari per aumentare il proprio montante contributivo, mantenendo il suo diritto alla pensione anche per gli anni successivi.
Una possibilità data dalla cristallizzazione del diritto alla pensione che come già detto vale anche per quota 100. L’aspettare qualche altro anno per sfruttare la misura, non presenta rischi e apporta evidenti benefici al pensionato che naturalmente non ha a che fare con un lavoro talmente pesante che può consigliare l’immediata uscita per il meritato riposo.
I benefici di cui parliamo sono naturalmente quelli di importo della pensione dal momento che se si continua a lavorare oltre il 31 dicembre 2021, cioè oltre i 38 anni di contributi già maturati, si otterrà una pensione più alta proprio in virtù degli ulteriori anni di lavoro e di versamenti contributivi.
Inoltre, la pensione calcolata col sistema contributivo, o la parte di pensione calcolata con questo sistema per chi rientra nel misto, è tanto più favorevole al pensionato quanto più in età avanzata si lascia il lavoro.
Questione di coefficienti di trasformazione dei contributi versati in pensione. Restare in servizio per chi ne ha la possibilità e la voglia non è deleterio quindi, anzi. Ecco perché il lavoratore può optare per l’attesa lasciandosi il diritto di scegliere quota 100 anche dopo il 2021.
Quota 100 e contribuzione versata
Sui 38 anni di contributi poi occorre sottolineare come ci sono modi che possono essere sfruttati per completare i 38 anni entro il 31 dicembre 2021. Cumulo, riscatto e così via, sono misure e strumenti che possono tornare utili, soprattutto perché riguardano periodi antecedenti la data di scadenza della quota 100.
Per esempio, il riscatto di laurea che permette di rendere utili alla pensione gli anni dedicati al percorso di studio universitario, sia nella sua versione agevolata che in quella ordinaria (con differenze di costo piuttosto marcate a vantaggio del riscatto agevolato), può tornare utile a soggetti che magari non riescono a completare i 38 anni di contribuzione entro la fine del 2021.
E stando alla normativa vigente, la facoltà di riscattare gli anni di studio ai fini pensionistici per esempio, dovrebbe essere utilizzabile anche negli anni successivi.
In pratica, a meno che l’interpretazione dell’Inps sia differente da quanto prevede la normativa previdenziale in linea generale, un lavoratore che ha 35 anni di contributi al 31 dicembre 2021 e 62 anni di età già compiuti alla stessa data, potrà decidere anche negli anni successivi di riscattare la laurea.
E così questo lavoratore che senza riscatto si vedrebbe preclusa la possibilità di quota 100, potrebbe decidere successivamente di completare i 38 anni entro il 31 dicembre 2021 proprio grazie al riscatto. Infatti i periodi di studio finirebbero in un epoca antecedente la scadenza di quota 100, facendo completare i 38 anni di contributi richiesti.
Usiamo il condizionale per questione di buon senso, ma alla pari di ciò che accade con opzione donna, il riscatto della laurea dovrebbe poter essere utilizzabile contestualmente alla domanda di pensione anche per quota 100.