Andare in pensione con la flessibilità in uscita riconosciuta dalla quota 103 pone il lavoratore davanti a un dubbio: converrà? Dall’inizio del 2024, infatti, la quota 103 prevede un ricalcolo interamente contributivo che comporta, in molti casi, una penalizzazione abbastanza pesante dell’assegno previdenziale.
Il lavoratore, quindi, deve scegliere se accedere subito con penalizzazione sulla pensione o restare al lavoro per qualche altro anno e ricevere un assegno più pesante.
Si tratta, in molti casi, di un dilemma abbastanza complicata da risolvere perché magari il lavoratore è davvero stanco dopo aver versato 41 anni di contributi, ma proprio a fronte di questa contribuzione non vuole subire un taglio della pensione.
Nonostante le fortissime penalizzazioni previste, però, ci sono alcuni lavoratori per i quali la scelta della quota 103 rimane ancora conveniente.
Quota 103 2024 e 2025
Anche per il 2025 la pensione quota 103 rimane uguale rispetto a quest’anno. Serviranno, quindi, 41 anni di contributi versati e il compimento dei 62 anni di età.
La pensione spettante si calcola con il sistema contributivo e l’importo massimo della prestazione non può superare 4 volte il trattamento minimo Inps: a chi spetta una pensione più alta, quindi, per averla dovrà attendere il compimento dei 67 anni e percepire l’assegno tagliato fino ad allora.
A chi conviene lo stesso la quota 103?
Ci sono categorie di lavoratori che sono penalizzati poco o nulla dal ricalcolo contributivo della quota 103. Si tratta di coloro che hanno versato pochi anni di contributi prima del 1996 che, quindi, anche con il calcolo misto avrebbero avuto una quota irrisoria della pensione derivante da questo calcolo.
Un’altra categoria di lavoratori a chi la quota 103 conviene senza se e senza ma è quella dei disoccupati. A 62 anni, pur se senza lavoro, possono garantirsi nuovamente un reddito in entrata grazie alla quota 103 se esistono almeno 41 anni di contributi. Se non dovessero cogliere l’occasione offerta da questa misura l’alternativa sarebbe quella di rimanere senza lavoro e senza ulteriori contributi versati fino al compimento dei 67 anni di età.
Stesso discorso potrebbe valere per i lavoratori autonomi, ma in questo caso va fatto un passo indietro. Anche loro possono accedere alla quota 103 o continuare a lavorare. Il dilemma, in questo caso è se accettare una pensione penalizzata o continuare a lavorare e a versare di tasca propria circa 4.000 euro l’anno di contributi (per chi non guadagna moltissimo). Anche se con la quota 103 non si può continuare a lavorare, non è necessario chiudere partita Iva e si può attendere di compiere i 67 anni per rimettersi in attività. L’alternativa è quella di continuare a lavorare per altri 22 mesi per raggiungere i 42 anni e 10 mesi di contributi necessari per accedere alla pensione anticipata ordinaria, e potrebbe convenire solo a chi ha un’attività solida e ben avviata.
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