Andare in pensione prima è ciò che vorrebbero poter fare molti lavoratori. Una speranza che ha in una ipotetica nuova riforma delle pensioni la giusta risposta. Solo una nuova riforma delle pensioni potrebbe consentire il pensionamento anticipato, flessibile anche se penalizzato. Tra proposte respinte o accantonate, e vecchie misure ormai cessate, la sintesi si può trovare con una pensione per quota, come la propose il vecchio Presidente dell’INPS Pasquale Tridico mischiata con la soluzione proposta dal Consiglio Nazionale dell’Economia e del Lavoro (CNEL).
Pensione subito a 64 anni ma per 36 mesi una pensione tagliata, perché si può?
Andare in pensione a 64 anni potrebbe essere molto allettante per i lavoratori. E non parliamo della facilitazione introdotta per le pensioni anticipate contributive che adesso con l’utilizzo della rendita da previdenza complementare, possono essere più facilmente prese. Parliamo di quella proposta tra la fine del terzo trimestre 2024 e l’inizio del quarto, dal CNEL prima citato. Una proposta non ufficializzata, ma che fece parlare di sé. In quella idea di riforma delle pensioni, ecco che si parlava di una pensione di vecchiaia del tutto nuova, votata alla completa flessibilità. Con uscite tra i 64 ed i 72 anni. Secondo questa ipotesi di nuova pensione di vecchiaia, in pensione tra i 64 ed i 72 anni potrebbero uscire quanti si trovano con almeno 25 anni di contributi e un trattamento non inferiore a 1,5 volte l’importo dell’assegno sociale. Ed a libera scelta, perché con 25 anni di contributi sarebbe il lavoratore a scegliere a quale età uscire a suo piacimento.
La misura dovrebbe anche prevedere tagli di assegno per chi esce prima dal lavoro e premi per chi rimanda l’uscita, sempre nella forbice tra i 64 ed i 72 anni di età. E adesso che si parla anche di previdenza complementare, perché no, anche per la proposta del CNEL sarebbero favoriti quanti devono arrivare ad un trattamento pari almeno ad 1,5 volte l’assegno sociale.
Riforma delle pensioni ok, ma con penalizzazioni
Un’altra proposta con tagli di assegno ci fu già diversi anni orsono. Già molti anni fa Cesare Damiano, quando era presidente della Commissione Lavoro della Camera, insieme a due colleghi del PD, Baretta e Gnecchi, propose con il DDL 857 una pensione flessibile dai 62 o 63 anni di età con 20 anni di contributi e tagli lineari di assegno in base agli anni di anticipo. Anche le nuove ipotesi di quota 41 per tutti prevedono tagli di assegno. Perché impongono un ricalcolo contributivo. La speranza è nella magnanimità di queste nuove misure, con tagli che, nelle speranze dei futuri pensionati, devono essere il meno forti possibile. O magari, con tagli a scadenza, nel senso che le pensioni anticipate verrebbero penalizzate solo per alcuni anni, fino al raggiungimento dei requisiti ordinari di pensionamenti.
La pensione con tagli limitati nel tempo
Sì potrebbe così andare nella direzione meno pesante per chi decide di uscire prima. Una penalizzazione a termine. Traendo spunto da una vecchia proposta del vecchio Presidente dell’INPS Pasquale Tridico. Si potrebbe penalizzare quel lavoratore che lascia il lavoro a partire dai 64 anni, con un taglio del 3% o del 4% all’anno rispetto ai 67 anni.
Ma una volta arrivato a 67 anni questo lavoratore dovrebbe essere rivalutato con una pensione ricalcolata senza i tagli. Il motivo è che lasciando il lavoro prima un lavoratore è già penalizzato da un trattamento calcolato sulla base di coefficienti di trasformazione peggiori. Ed oltretutto, a carriera interrotta lo stesso lavoratore accumula meno contributi. Ecco perché tagliare a tempo un trattamento può non essere la fine del mondo per le casse dello Stato.