Forse questo è il periodo in cui la maggior parte dei lavoratori si chiede se potrà lasciare il lavoro prima che dal 2022 il sistema venga modificato con misure che oggi sono ancora allo studio ma che hanno come minimo comune denominatore, il peggioramento delle regole di uscita e di calcolo degli assegni.
Oggi oltre alle misure di pensionamento ordinario, il sistema è dotato di diverse misure che consentono il pensionamento anticipato, tutte naturalmente con requisiti che ritenere particolari non è certo un azzardo. Vediamo un breve e sintetico elenco di tutte le misure che permettono di uscire dal lavoro e centrare la pensione in questo ultimo scorcio di 2021.
Pensioni senza limiti di età
Il sistema sostanzialmente è dotato di due sole misure che prevedono il pensionamento senza alcun limite di età. La prima misura è quella ordinaria, che insieme alla pensione di vecchiaia rappresenta il pilastro dell’intero sistema pensionistico. Si esce dal lavoro senza limiti anagrafici al raggiungimento di 42 anni e 10 mesi di contributi per gli uomini e 41 anni e 10 mesi per le donne. Servono anche 35 anni di contribuzione effettiva.
L’alternativa, per chi svolge una delle 15 attività di lavoro gravoso che vanno dagli edili alle maestre di asilo, passando per infermieri, ostetriche, facchini e camionisti, è la quota 41. Servono 41 anni di contributi, di cui 35 effettivi ed almeno uno versato prima dei 19 anni di età. La misura è aperta anche a disoccupati, invalidi e caregivers.
Per i nati nel 1954 uscite variabili tra ordinarie e deroghe
Per chi è nato nel 1954 con 20 anni di contributi c’è la pensione di vecchiaia ordinaria. Si centra al raggiungimento di 67 anni di età, a meno che la carriera lavorativa non sia partita dopo il 1995. In questo caso infatti oltre a 67 anni di età ed almeno 20 di contributi, serve che la pensione sia di importo pari ad almeno 1,5 volte l’assegno sociale. Con una pensione più bassa l’uscita per i contributivi puri scatta a 71 anni di età. Per costoro resta l’alternativa dell’assegno sociale come misura che accompagna l’interessato ai 71 anni. L’assegno sociale non prevede contribuzione ma ha dei limiti reddituali molto stringenti per poter essere percepito sia per intero che in misura ridotta.
Per chi è nato nel 1954 altre vie di uscita sono le misure in deroga alla Fornero, come la pensione per i quindicenni. Si tratta delle tre deroghe Amato, per le quali bastano 15 anni di contributi versati. Occorre però rispettare determinati requisiti per ciascuna deroga. Per esempio, sono necessari 15 anni di contribuzione (780 settimane) a qualsiasi titolo versati, antecedenti il 31 dicembre 1992 per la prima deroga, oppure l’autorizzazione, anche senza aver effettuato versamenti, alla prosecuzione volontaria se questa è sopraggiunta prima della fine del 1992, per la seconda deroga.
La terza è destinata a lavoratori con carriere discontinue e particolari, con 25 anni di anzianità assicurativa, almeno 15 anni di contributi versati e 10 anni di lavoro svolti per periodi inferiori alle 52 settimane (anno pieno di lavoro).
Uscita anticipata, diverse le vie
Ci sono modi per anticipare l’uscita rispetto all’età pensionabile ordinaria che come abbiamo visto è fissata a 67 anni di età. Si può anticipare da qualche mese a diversi anni tale età. Per esempio, possono uscire 5 mesi prima e quindi a 66 anni e 7 mesi i lavoratori che svolgono mansioni gravose (15 attività di cui parlavamo in precedenza) o usuranti, con 30 anni di contributi versati. Infatti per queste categorie non ha inciso l’aumento di 5 mesi per la pensione di vecchiaia ordinaria nel 2019, quando impattò negativamente l’aspettativa di vita.
Per chi è nato fino al 1959, si può uscire con la quota 100 ancora per qualche mese. Infatti la misura morirà il 31 dicembre prossimo. Per uscire occorre centrare, oltre alla combinazione classica che resta 62+38, anche 63+38, 64+38, 65+38 o 66+38.
Per i nati fino al 1958 invece, c’è la misura tra il previdenziale e l’assistenziale che si chiama Ape sociale. Occorre essere caregivers, invalidi o disoccupati per poter uscire dal lavoro avendo compiuto almeno 63 anni di età e con almeno 30 anni di contributi versati. Se invece si appartiene ad una delle 15 attività di lavoro gravoso presenti nel nostro ordinamento, servono non meno di 36 anni di contributi per poter uscire ad almeno 63 anni di età.
Per chi è nato fino al 1957 c’è anche la pensione anticipata contributiva, per la quale serve, oltre al compimento del 64imo anno di età e al raggiungimento dei 20 anni di contributi versati, anche che la pensione liquidata sia pari ad almeno 2,8 volte l’assegno sociale.
Numerose misure per pensione anticipata, ma limitate come platee
Con opzione donna e con requisiti completati entro la fine dello scorso anno, possono lasciare il lavoro le donne nate fino al 1962. Infatti bastano 58 anni di età insieme a 35 anni di contributi per poter sfruttare lo scivolo contributivo per lavoratrici, ma completati entro il 31 dicembre 2020. La pensione viene calcolata però interamente con il sistema contributivo e quindi penalizzata di importo. Per le lavoratrici autonome occorre essere nate entro il 1961.
Le donne nate nel 1965 se hanno una invalidità pensionabile pari ad almeno l’80%, possono accedere alla pensione di vecchiaia anticipata per invalidi, per la quale servono 20 anni di contributi. La stessa misura consente l’uscita, sempre con 20 anni di contributi e sempre con l’80% di invalidità certificata dalla Commissione Inps, agli uomini nati fino al 1960, con 61 anni di età compiuti.
Poi c’è lo scivolo usuranti, misura strutturale che permette il pensionamento con 61,7 anni di età compiuti, 35 anni di contribuzione completati e con quota 97,6, dove per raggiungerla sono utili anche le frazioni di anno. Occorre svolgere attività che l’ordinamento considera usuranti, come i lavoratori delle linee a catena, gli autisti dei mezzi di trasporto pubblici, i minatori o i lavoratori notturni tanto per citare alcune categoire che la legge considera usuranti.