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Pensione uguale per tutti a 66 anni e 4 mesi, il sistema rassicura

Pensione a 66 anni e 4 mesi con importo uguale per tutti? Un sogno che difficilmente si realizzerà in Italia.

Pensione a 66 anni e 4 mesi? Si grazie.L’Italia dovrebbe attuare una riforma delle pensioni che stravolga completamente l’assetto previdenziale che c’è ora. Forse prendendo l’esempio di altri Paesi europei si riuscirebbe a creare un sistema previdenziale non solo sostenibile, ma che non generi ogni anno nuovi poveri.

La pensione a ripartizione

Lo schema adottato dall’Italia è a ripartizione. I contributi che man mano i lavoratori versano sono utilizzati per pagare le pensioni già liquidate, di coloro che hanno già lasciato il lavoro da tempo. Non esiste un meccanismo che permetta di accumulare riserve di contributi per vedere in qualche modo lievitare la pensione, l’unica cosa certa a cui si va incontro proseguendo su questa strada è un’assegno previdenziale sempre più tardi negli anni e con importi sempre più bassi.

In questo modo il governo di turno, per garantire il minimo vitale ai lavoratori che vanno in pensione deve continuamente attingere alle casse dello Stato per prevedere sostegni al reddito.

Una soluzione da attuare sarebbe quella di investire sui mercati tutti i contributi versati negli anni dai lavoratori in modo che possano capitalizzare e al momento della pensione ogni lavoratore potrebbe ricevere quello che ha versato e gli interessi maturati negli anni grazie agli investimenti.

Ma ormai in Italia sembra essere stata imboccata una strada senza ritorno.

Pensione a 66 anni e 4 mesi

L’esempio da seguire è quello dei Paesi Bassi dove tutti vanno in pensione a 66 anni e 4 mesi con una pensione statale forfettarizzata, uguale per tutti. Si tratta dell’assegno base che eroga lo Stato a tutti i cittadini al momento che accedono alla pensione dopo aver versato contributi accumulando il 2% della propria pensione per ogni anno in cui si vive o si lavora nel Paese.

Accanto a questo viene erogato un assegno dalla previdenza complementare alimentato dai contributi versati dal lavoratore stesso e dal datore di lavoro.

Questo secondo assegno varia in base alla tipologia di lavoro e al reddito del lavoratore, ma si rivaluta nel corso degli anni visto che i capitali versati a titolo di contributi sono investiti per essere fatti fruttare.

Il terzo assegno che gli olandesi percepiscono è quello che proviene dai piani previdenziali privati, che rappresentano il terzo pilastro del sistema previdenziale dei Paesi Bassi. In questi piani si versano contributi volontari e personali che prevedono incentivi fiscali entro un certo limite.  I lavoratori autonomi, che non hanno il secondo assegno per i contributi dei datori di lavoro, contano molto su questo terzo pilastro per integrare la propria pensione di base.

Un sistema che garantisce sicurezza agli italiani

Il problema dell’Italia è che il momento del pensionamento per ogni lavoratore rappresenta un enorme punto interrogativo. Quanto prenderò di pensione? Mi basterà per vivere e per mantenere la mia famiglia? Sono solo alcuni degli interrogativi che tutti i lavoratori si pongono prima di accedere alla pensione.

Con pochi anni di contributi, ormai, la pensione è irrisoria e non consente neanche si sostenere il costo di una casa in affitto: chi arriva all’a pensione’uscita dal mondo del lavoro senza la casa di proprietà, quindi, rischia di vivere una vecchiaia da indigente.

Quello che si dovrebbe fare, invece, di continuare a prevedere pensionamenti anticipati, è rendere il sistema stabile e che possa garantire una pensione dignitosa ai lavoratori perchè non esiste che un cittadino lavora una vita intera in uno Stato che permette ancora il lavoro precario, in nero e sottopagato per ritrovarsi a ridosso della quiescenza senza alcun diritto.

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