Cercare di uscire dal lavoro prima di una riforma può senza dubbio essere considerata una cosa saggia, soprattutto se la riforma in arrivo rischia di essere meno favorevole rispetto alle regole odierne.
Naturalmente questo non vuol dire incentivare la fuga dal posto di lavoro, perché lavorare di più significa percepire di più di pensione, specie in una epoca contributiva come quella in cui viviamo oggi.
E tra l’altro se si maturano i requisiti per alcune pensioni anticipate, il diritto a queste vie di uscita non si perde nel tempo, anche se gli strumenti previsti per lasciare il lavoro vengono cancellati da nuove norme.
Senza fretta quindi, perché se da un lato è importante uscire dal lavoro adesso che le regole appaiono più favorevoli di quelle ipotizzate in futuro, ancora di più lo è il raggiungere i requisiti previsti per le misure vigenti oggi.
Questo perché senza raggiungere i requisiti, oltre a non poter lasciare il lavoro nell’immediato, si perde il diritto anche in futuro, rimanendo invischiati nelle nuove norme future.
La pensione 2021, perché il momento è importante per i nati nel 1958 o nel 1959
Il 2021 sarà un anno decisivo per chi è nato a partire entro il 1959, persone che nel corso del corrente anno avranno tra i 62 ed i 63 anni. Per loro oggi sono potenzialmente sfruttabili due canali di uscita, uno previdenziale ed uno assistenziale. E sono due canali che dovrebbero andare in scadenza a fine anno.
Per chi non vuole correre il rischio di cadere nello scalone di 5 anni che il post quota 100 potrebbe lasciare in eredità, o nella migliore delle ipotesi, per chi non vuole attendere i 64 anni che dovrebbero essere la nuova età pensionabile per l’ipotetica quota 102 (tra l’altro con ipotetiche, per il momento penalizzazioni di assegno che oggi non ci sono), meglio vedere come fare per uscire con quota 100 o con l’Ape sociale, o quanto meno, come fare per completare i requisiti previsti da una delle due misure.
La quota 100 ed i 38 anni di contributi
Per esempio, con quota 100 nel 2021 è consentita l’uscita a chi è nato fino al 1959 che entro fine anno matura i 38 anni di contributi richiesti. I contributi utili sono tutti quelli a qualsiasi titolo accreditati e pertanto, quelli obbligatori, da riscatto, figurativi o volontari. Di questi 38 anni però, almeno 35 anni, devono essere senza considerare i contributi figurativi da malattia o da disoccupazione indennizzata Inps.
Infatti serve il perfezionamento del requisito di 35 anni di contribuzione necessario per ottenere il diritto alla pensione di anzianità.
I 38 anni di contributi versati vanno maturati entro la fine dell’anno 2021 sia che l’interessato intenda, e sia che l’interessato voglia sfruttare la via di uscita negli anni successivi, pur senza la quota 100 in vigore.
Per i nati fino al 1958 anche l’Ape può essere la soluzione
Anche per l’Ape sociale può essere utilizzata la contribuzione a qualsiasi titolo versata. Con questa misura, che però a differenza della quota 100 è assistenziale e non previdenziale, servono 30 anni se il richiedente è un disoccupato che da tre mesi ha finito di percepire la Naspi, un invalido al 74% almeno o un caregivers, cioè colui che da almeno 6 mesi assiste un parente disabile grave.
Servono 36 anni di contributi per chi rientra in una delle 15 categorie di lavoro gravoso previste (mastre d’asilo, infermieri delle sale operatorie, ostetriche delle sale parto, camionisti, edili e così via).
Anche in questo caso occorre completare i versamenti e i 63 anni di età entro il 31 dicembre 2021. Anche l’Ape sociale infatti rischia di essere accantonata per far posto ad altre misure, soprattutto se le nuove vedranno i lavori gravosi come platea dei beneficiari.
Quando parliamo di misura assistenziale, lo facciamo con cognizione di causa, perché oltre al fatto che l’Ape riguarda determinate categorie di “svantaggiati” come le prima citate, va ricordato che si tratta di un assegno pinte che accompagna il lavoratore alla vera pensione di vecchiaia a 67 anni.
Una volta compiuta l’età pensionabile vigente, l’Ape cessa di essere erogata al pensionato che passa a percepire la sua vera pensione di vecchiaia. Inoltre l’Ape non prevede reversibilità, non prevede maggiorazioni sociali ed è strutturata su 12 mensilità e non su 13.