Anche la Corte dei Conti tempo fa ha detto che bisogna garantire per tutti la pensione dai 64 anni. E sempre per i tecnici della Corte dei Conti, 64 anni di età devono essere per tutti, a prescindere dalla data di inizio della carriera contributiva. Tesi questa avvalorata dal fatto che quota 100 o meno, nonostante l’età minima di uscita dice 62 anni con la misura tanto cara a Salvini e alla Lega, la maggior parte delle persone l’hanno sfruttata a 64 anni o oltre di età.
Allora perché non prevedere una misura che permetta di uscire dal lavoro a partire dai 64 anni esatti? E forse questa è la linea che si seguirà, estendendo una misura già oggi esistente ma aperta solo ai contributivi puri.
Pensione a 64 anni oggi, a chi spetta?
Si chiama pensione anticipata contributiva ed è la misura che permette a chi compie 64 anni di età di uscire dal lavoro con 20 anni di contribuzione versata. Ma la misura riguarda solo i cosiddetti contributivi puri, lavoratori la cui carriera e quindi il primo contributo versato è antecedente la data di ingresso della riforma Dini.
Per poter avere accesso a questa misura, che ricordiamo è strutturale, occorrono i seguenti requisiti:
- Almeno 64 anni di età;
- Almeno 20 anni di contributi versati;
- Primo versamento di contributi, a qualsiasi titolo, precedente il 31 dicembre 1995;
- Pensione pari a 1.288 euro al mese circa (sopra 2,8 volte l’assegno sociale).
Stop discriminazioni tra retributivi e contributivi
Ciò che ha asserito la Corte dei Conti riguarda la necessità di portare anche ai retributivi puri la possibilità di accedere a questa misura di pensione anticipata. La condizione “sine qua non” però sarebbe accettare le regole di calcolo che si applicano ai contributivi puri. In altri termini, bisogna accettare il ricalcolo contributivo dell’assegno, nonostante essendo la loro carriera iniziata prima del 1996, si ha diritto ad un calcolo più favorevole di assegno, cioè con il sistema misto.
Una modifica che si vorrebbe introdurre però, sarebbe il ridurre quel fardello che è l’importo minimo della pensione. Un assegno pari a 2,8 volte l’assegno sociale non è roba di tutti i giorni e difficilmente centrabile. Portare il limite a 1,5 volte l’assegno sociale, cioè più o meno 690 euro al mese come ai contributivi puri è richiesto per la pensione di vecchiaia ordinaria.