Pensioni 2025, arretrati di oltre 3.000 euro, a fine gennaio la buona novella Pensioni 2025, arretrati di oltre 3.000 euro, a fine gennaio la buona novella

Pensioni 2025, arretrati di oltre 3.000 euro, a fine gennaio la buona novella

Pensioni 2025 si cambia, pochi euro di aumento, ma anche arretrati di oltre 3.000 euro, a fine gennaio la buona novella.

Se c’è delusione e scoramento per quello che accadrà nel 2025 alle pensioni, con aumenti irrisori delle minime ma non solo delle minime, qualcosa di buono all’orizzonte potrebbe comunque arrivare. A gennaio le pensioni saranno indicizzate ad un tasso di inflazione pari allo 0,8%. Poca cosa se paragonato agli incrementi che arrivarono a inizio 2024 o a inizio 2023 quando si parlava di rivalutazione, rispettivamente al 5,4% e all’8,1%. Ma se a inizio gennaio arriverà poco di aumento, che la concreta possibilità che a fine gennaio arrivi la tanto attesa notizia del recupero dei tagli precedenti.

Pensioni 2025, arretrati di oltre 3.000 euro, a fine gennaio la buona novella

Nel 2024 la materia delle rivalutazioni delle pensioni è stata al centro del dibattito politico e non per settimane. In questi ultimi mesi le polemiche sono state tante sulla rivalutazione molto bassa che, come detto in premessa, a gennaio sortirà i suoi tristemente noti effetti di un incremento di meno di 2 euro al mese per esempio, sulle pensioni integrate al trattamento minimo.
Anzi, polemiche anche sulla mancata erogazione, sempre a gennaio, dei conguagli tra inflazione previsionale e inflazione definitiva. Nel 2024 il tasso di inflazione che come detto è stato al 5,4% è rimasto invariato. E pertanto, niente di nuovo arriverà a gennaio. Con il primo rateo dell’anno l’unica attesa è per i pochi euro di aumento previsti dalla rivalutazione.
A meno che a fine gennaio, come sembra, la Corte Costituzionale emetterà la sentenza che potrebbe costringere lo Stato a risarcire i pensionati. Ed anche questa cosa è stata una delle materie più discusse di questo 2024.

Cosa è successo alle pensioni 2024 a tal punto da finire alla Consulta

Il ricorso di un lavoratore, evidentemente con trattamento rilevante come importo a tal punto da finire nel taglio della rivalutazione per i trattamenti sopra 4 volte il minimo, è finito davanti ai giudici della Consulta.
Il taglio della perequazione delle pensioni sembra strida nei confronti della Carta Costituzionale, dove è sancito che la retribuzione di un cittadino deve essere commisurata a quantità e qualità del lavoro. E se è vero che più stipendio si prende maggiore contribuzione si versa, non può essere penalizzato il pensionato che prende una pensione più alta perché ha preso uno stipendio maggiore durante la carriera.
Questo è alla base del ricorso che adesso richiede la pronuncia della Consulta. Tutto nasce dal fatto che nel 2024 le pensioni sono state aumentate del 5,4%, cioè in misura piena al tasso di inflazione, solo se di importo fino a 4 volte il trattamento minimo. Poi per le pensioni più alte, il trattamento è stato rivalutato al 4,59% per quelle fino a 5 volte il minimo, al 2,916% per quelle fino a 6 volte il minimo e via via a scalare fino ad un aumento dell’1,188% per le pensioni sopra 10 volte il trattamento minimo.

Che scenari si aprono adesso per i pensionati

Tagli esorbitanti di rivalutazione, con le pensioni più alte che non hanno ottenuto una indicizzazione tale da contenere la perdita del potere di acquisto della loro prestazione. Ci sono pensionati che hanno perso oltre 250 euro al mese di pensione, e adesso si attendono le decisioni della Corte Costituzionale. Che se condannerà il governo a risarcire i penalizzati, produrrà inevitabilmente degli arretrati da recuperare di diverse migliaia di euro.