Elsa Fornero ha punzecchiato la Lega e Matteo Salvini che parlavano di superamento della Riforma Fornero e che invece hanno introdotto una specie di pensione flessibile a partire dai 64 anni di età passando dalla previdenza integrativa. Secondo la Professoressa la flessibilità già esisteva. Polemiche politiche e “vendette” reciproche nelle dichiarazioni di chi ha a che fare con la previdenza del passato e del presente. Ma a conti fatti la flessibilità esisteva o no? Oggi intanto dopo la manovra di Bilancio ecco le pensioni a 62, 63 e 64 anni di età. Perché nel 2025 a queste età ci saranno soggetti che riusciranno a lasciare il lavoro. ma siamo sicuri che sia al via la pensione flessibile 2025?
Pensioni a 62, 63 e 64 anni, al via la pensione flessibile 2025
Ciò che secondo noi dovrebbe essere la flessibilità è diversa da quella che il governo ha deciso di varare dopo la legge di Bilancio per il 2025. Ed è diversa anche da quella che è in attività con la Riforma Fornero.
Flessibilità significa dare a tutti i lavoratori indistintamente la facoltà di scegliere quando uscire dal lavoro, come uscire e con che misure. Perché un sistema pensionistico basato sul calcolo contributivo deve essere flessibile. Perché i lavoratori devono poter scegliere se uscire prima o dopo come età una volta raggiunta la carriera minima.
Con il sistema contributivo più contributi si versano nel montante più si prende di pensione., Chi versa meno uscendo prima prende una pensione più bassa. E chi esce prima ha diritto ad un calcolo della pensione con i coefficienti di trasformazione più scarso di chi invece esce dopo.
Ecco perché un lavoratore deve essere libero di poter uscire ad una determinata età. Scegliere se uscire con le pensioni a 62, 63 e 64 anni, senza dover attendere i 67 della pensione di vecchiaia, questa è la flessibilità. Invece ciò che troveranno i lavoratori nel 2025 non è nulla di diverso di quanto hanno trovato in questi anni.
Come funzionano le misure flessibili che da anni vengono introdotte
Misure tampone, piccoli interventi che permettono a pochi di uscire dal lavoro ma senza dare a tutti la stessa possibilità. Questo ciò che da anni viene partorito. Il meccanismo è quello di quando fu varata la quota 41 per i precoci insieme all’Ape sociale, di quando fu varata opzione donna e per finire alle recenti novità della pensione a 64 anni con 25 anni di versamenti passando però da un cumulo tra previdenza obbligatoria e previdenza complementare. E così nel 2025 le pensioni a 62, 63 e 64 anni saranno delle possibilità, che magari qualcuno chiamerà flessibilità, ma che a conti fatti riguarda sempre un piccolo pezzo di lavoratori.
Ecco come andare in pensione a 62, 63 o 64 anni
A 63 anni e 5 mesi di età si potrà uscire con l’Ape sociale, ma solo se si appartiene a categorie quali solo gli invalidi, i disoccupati, i caregivers o gli addetti ai lavori gravosi. Le stesse categorie della quota 41 per i precoci che non ha limiti anagrafici. Se non svolgi una di quelle 15 attività di lavoro gravoso, o non sei un invalido o con invalidi da assistere, o ancora se non sei un disoccupato che ha perso la Naspi, niente pensione a 63,5 anni di età. Puoi avere pure 40 anni di contributi.
Le stesse problematiche sono quelle della pensione a 62 anni con la quota 103. E questa misura viene chiamata flessibilità in uscita ma come vedremo, a prescindere che impone un calcolo della pensione nettamente penalizzante, è una misura che di flessibile ha poco. Servono la bellezza di 41 anni di versamenti. Se ne hai 40, puoi avere anche compiuto 63, 64 o 65 anni, niente pensione. La novità del governo permette di andare in pensione con le anticipate contributive a 64 anni con 25 anni di contributi. Ma la misura prevede il raggiungimento di una pensione non inferiore a 3 volte l’assegno sociale. La trovata del governo è di permettere di aggiungere all’importo della pensione maturata con l’INPS, quella derivante dai fondi pensione integrativi. E chi non ha versamenti in questi fondi? Nulla da fare anche per loro.
Parlare di pensioni a 62, 63 e 64 anni come di una flessibilità in uscita concessa ai lavoratori non è la realtà dei fatti come abbiamo visto adesso.