Di questi tempi lo scorso anno si parlava di quota 103, della sua probabile cessazione e di cosa fare per superare la riforma Fornero. In pratica, succedeva ciò che succede adesso, perché di fatto possiamo benissimo dire che siamo al punto di partenza.
Eppure il 2023 finì con una legge di Bilancio che confermò la quota 103 e la estese anche per il 2024. Succederà così anche adesso? Al momento nulla è certo e bisognerà vedere che piega prenderà la nuova manovra finanziaria ed il suo pacchetto pensioni.
Cosa succede alla pensione a 62 anni nel 2025?
La pensione a 62 anni di quota 103 però anche quest’anno sembra avere le carte in regola per essere nuovamente confermata. Lo scorso anno però si pensò bene di rendere la misura meno appetibile di prima, tagliando gli importi del trattamento e penalizzando i lavoratori che sceglievano questa misura per lasciare il lavoro.
Oggi quantifichiamo queste perdite. Cioè analizziamo cosa significa andare in pensione con quota 103 rispetto a chi esce con altre misure non penalizzate.
Pensioni a 62 anni, ecco chi perde 200 euro al mese anticipando l’uscita: stime e calcoli
Il governo ha deciso alla fine del 2023 di confermare la quota 103 nel 2024. Infatti anche oggi si può andare in pensione a 62 anni con 41 anni di contributi versati.
Però è stato fissato un tetto massimo di pensione da non superare, che è pari a 4 volte il trattamento minimo INPS che nel 2024 vale 598,61 euro al mese. Ma soprattutto, imponendo il ricalcolo contributivo della prestazione ed allungando le finestre mobili rispetto alla versione 2023, tanto per i lavoratori del settore privato che per quelli del settore pubblico.
Le novità di quota 103 e perché la pensione è seriamente penalizzata
Novità che hanno reso la misura meno appetibile e che sono finite al centro di molte critiche avvalorate da diversi studi che hanno di fatto quantificato la perdita media in termini di trattamento percepito mensilmente dai lavoratori che scelgono questa misura.
Perdita media significa ciò che i lavoratori hanno perduto in base ai dati sulla vita media della popolazione, uscendo con la quota 103. Naturalmente da lavoratore a lavoratore tutto cambia, perché c’è chi è maggiormente penalizzato e chi meno. Ma gli studi prodotti dimostrano la scarsa convenienza di quota 103, che anche se confermata in misura identica nel 2025, rischia davvero di penalizzare chi la utilizza per uscire dal lavoro.
Dire addio a 200 euro al mese ed a 50.000 euro circa in una intera vita, ecco lo scotto sulla pensione a 62 anni
Oltre 50.000 euro di pensione in meno per l’intera vita di un lavoratore. Questo è il grande allarme che già lo scorso anno veniva prodotto dai tecnici che hanno studiato la misura.
Perdita dovuta alle novità introdotte nel 2024 nella conferma della misura. Perché chi ha sfruttato la pensione anticipata con la stessa misura nel 2023, non ha subito questo salasso.
La media delle perdite che subiscono quanti escono con quota 103 con le attuali regole, se rapportata al rateo mensile della pensione si assesta sui 200 euro. E questo sia per il calcolo contributivo che per le finestre di attesa che, essendo state prolungate, non fanno altro che far perdere mesi di pensione ai diretti interessati.
Quota 103, la pensione a 62 anni tra calcolo contributivo e misto
Partiamo dal fatto che la misura nel 2023 era uno strumento che prevedeva il calcolo misto della prestazione. Nel 2024 invece è diventata una misura a calcolo contributivo. E quindi già di per sé penalizzante soprattutto per chi vanta almeno 18 anni di versamenti al 31 dicembre 1995 ed ha diritto in genere ad un calcolo retributivo fino al 2012.
E poi c’è la questione finestre, che fino al 2023 erano di 3 mesi per i lavoratori del settore privato e di 6 mesi per quelli del pubblico impiego (scuola esclusa naturalmente perché ha pensionamenti collegati all’anno scolastico e non all’anno solare). Nel 2024 queste finestre sono diventate rispettivamente di 7 e 9 mesi.
Significa che la prima pensione per un lavoratore arriva decorsi 7 mesi rispetto alla data di maturazione dei requisiti nel caso del lavoratore del settore privato. E naturalmente decorsi 9 mesi per gli statali. Esattamente 4 e 3 mesi di pensione erosi da questa novità.
Ecco i calcoli da fare e gli esempi pratici
Il taglio maggiore sulla misura però proviene, inutile dirlo, dal calcolo contributivo della pensione. Partendo per esempio da un lavoratore che ha uno stipendio lordo da 25.000 euro al mese ed ha mantenuto una retribuzione costante per tutti gli anni di carriera le stipe mettono in luce il fatto che per il semplice fatto di passare da una pensione mista con 41 anni di contributi ad una contributiva come la quota 103 prevede, passerebbe da un trattamento di oltre 1.750 euro al mese ad uno di poco superiore a 1.570 euro. Circa 200 euro in meno al mese quindi. Un danno che accompagnerebbe per tutta la vita il lavoratore visto che non c’è scadenza alla penalizzazione.
Ecco i numeri che escono fuori da diversi studi sulle pensioni a 62 anni
Per esempio il fatto che la pensione massima che si ottiene con la quota 103 è non superiore a 4 volte il trattamento minimo, scade a 67 anni. Infatti una volta raggiunta l’età pensionabile il trattamento viene ricalcolato e chi avrebbe diritto ad una pensione più alta, ne otterrà una più alta. Invece il ricalcolo contributivo resta tale per sempre.
E un lavoratore che avrebbe dovuto prendere 1.750 euro al mese ed invece ne prende 1.570 euro, deve moltiplicare questo taglio mensile per tutti i mesi di pensione che percepirà. Calcolando una vita media di oltre 80 anni, ecco che il taglio va rapportato dai 62 ad 80 anni ed oltre. Producendo quella perdita globale di pensione prossima ai 50.000 euro.