Andare in pensione 5 anni prima dell’età pensionabile con una misura diversa da quota 100. Non è un sogno o una proposta, è quanto già oggi prevede il contratto di espansione, recentemente potenziato dal decreto Sostegni Bis.
E di ulteriore potenziamento, magari in legge di Bilancio o ancora, con la riforma degli ammortizzatori sociali è quello che sembra avere intenzione di fare il nostro esecutivo.
Con il contratto di espansione, si può anticipare anche l’uscita senza limiti di età prevista dalle pensioni anticipate ordinarie. Anche in questo caso un anticipo di 5 anni. Ma come funziona e cosa potrebbe cambiare per la misura?
Contrato di espansione, in pensione 60 mesi prima
Con il contratto di espansione, aziende che hanno interessa a programmare piani di ammodernamento, innovazione e miglioramenti tecnologici, possono dare vita ad una specie di turnover dei lavoratori.
In altri termini, si mandando a casa i lavoratori più anziani, con un assegno di prepensionamento pagato dall’azienda, che nel frattempo prevede nuove assunzioni. Il tutto con un accordo di esodo su base sindacale.
Infatti occorre trovare la giusta sintesi tra datore di lavoro, lavoratori e sindacati. Una volta trovato l’accordo, occorre approntare il piano presentando domanda all’Inps in cui oltre ai nominativi dei lavoratori che hanno accettato il prepensionamento, vanno indicati numericamente i lavoratori che si vuole assumere in loro sostituzione, anche se non uno vale uno.
L’accordo, come stabilito dalle scadenze Inps, deve essere raggiunto entro il 2 settembre prossimo. Infatti la domanda di esodo da parte dell’impresa deve pervenire almeno 3 mesi prima della decorrenza del primo assegno di prepensionamento. E dal momento che la decorrenza è fissata per il primo dicembre, evidente che occorre trovare l’intesa e contestualmente presentare domanda entro il prossimo 2 settembre. Pochi giorni quindi per dare vita a questa possibilità per i lavoratori che hanno accettato.
Quali sono le aziende interessate?
La misura, tra legge di Bilancio e ultimi decreti Sostegni, ha già visto ampliare la platea di aziende che possono sfruttare la possibilità e quindi anche i lavoratori alle loro dipendenze. Inizialmente appannaggio di aziende con almeno 1.000 dipendenti si è passati a 500, poi a 250 e adesso, con il decreto Sostegni Bis, a 100. E l’ipotesi che si fa è di un ribasso ulteriore con apertura ad aziende con minimo 50 lavoratori in organico.
Il contratto di espansione può essere una soluzione ottimale per datori di lavoro e lavoratori. I primi possono sfruttare i due anni di Naspi che sarebbero toccati al lavoratore, a parziale copertura dell’indennità mensile che loro devono erogare al lavoratore una volta in pre pensione. Inoltre è evidente che sostituire un vecchio dipendente con uno nuovo, sia meno oneroso per l’azienda, non fosse altro perché il vecchio dipendente tra scatti di anzianità e promozioni, ha diritto ad uno stipendio più alto rispetto al giovane neo assunto. A meno che non si conceda una pensione a chi si trova a 5 anni dai 42,10 (per le donne 41,10) della pensione anticipata, l’azienda non è tenuta nemmeno a versare i contributi previdenziali per gli anni di anticipo concessi al lavoratore.
Per il lavoratore invece, si arriva a percepire una pensione che come importo non prevede penalizzazioni ed è pari alla pensione maturata alla data di uscita. E inoltre si può uscire già con 37,10 anni di contributi per gli uomini o 36,10 per le donne, oppure dai 62 anni di età, cosa quest’ultima tutt’altro che facile da ottenere dal momento che la quota 100, che prevede l’uscita proprio a 62 anni, scomparirà dalla circolazione nel 2022.