Non tutti i provvedimenti di un governo sono neutri da controindicazioni. In altri termini molte delle cose che un governo produce in favore dei contribuenti, li penalizza da un altro lato. Sembrerà assurdo ma anche la sanatoria delle cartelle, sicuramente vantaggiosa da un certo punto di vista per i contribuenti italiani, da un altro punto di vista è nettamente svantaggiosa. Infatti c’è il concreto rischio per qualcuno di perdere la pensione sfruttando l’agevolazione sulle cartelle esattoriali introdotta dal governo con la tregua fiscale nella legge di Bilancio. Cosa c’entrano le pensioni con le cartelle esattoriali? La domanda è lecita, ma la risposta l’hanno fornita l’INPS ed il Consiglio Nazionale dei Dottori Commercialisti.
Pensioni addio per colpa della sanatoria delle cartelle
Il provvedimento che più mette a rischio la pensione futura per determinati contribuenti oggi indebitati con le cartelle esattoriali è sicuramente la cancellazione automatica delle cartelle sotto i 1.000 euro. Il provvedimento, ottimo se si pensa al fatto che di colpo lo stato passivo di un contribuente verrebbe azzerato grazie a questa misura, espone a un serio pericolo riguardante la pensione futura. Va ricordate infatti che la cancellazione d’ufficio delle cartelle esattoriali riguarda i debiti che è un contribuente ha maturato nei confronti delle Agenzie fiscali, delle amministrazioni statali e delle casse previdenziali pubbliche tra cui l’INPS. In termini pratici, la cancellazione riguarda anche le omissioni di versamento dei contributi previdenziali. Una cosa molto comune per i lavoratori autonomi. Grazie alla cancellazione un contribuente che ha debiti nei confronti dell’Inps affidati all’agente della riscossione entro il 2015, se di importo inferiore a 1.000 euro, potrebbe non dover pagare più. Ma i contributi previdenziali possono sembrare una tassa, ma effettivamente sono versamenti che tornano utili ai contribuenti per la pensione futura.
Perdere la pensione non è certo difficile se si pensa a come funziona la previdenza INPS
Contributi previdenziali cancellati, e montante contributivo che non sale. Il meccanismo delle pensioni è semplice. E per commercianti, artigiani, lavoratori autonomi in agricoltura e liberi professionisti, il rischio di perdere annualità di contribuzione è alquanto elevato. Perché la salvaguardia che l’INPS offre ai dipendenti non si materializza per gli autonomi. Niente automaticità delle prestazioni, con il principio che garantisce la pensione ai dipendenti anche se il loro datore di lavoro non versa i contributi. Se la cancellazione di una multa per un infrazione del Codice della Strada piuttosto che la cancellazione di un debito Irpef sono ad esclusivo vantaggio del contribuente, la cancellazione di un versamento INPS producono un rischio non indifferente.
Pagare è meglio prima che la cancellazione diventi irreversibile
Un lavoratore autonomo che non raggiunge i 20 anni di contribuzione minima, è evidente che perderà il diritto alla pensione di vecchiaia a 67 anni di età. Allo stesso modo finirà con il perdere il diritto alla pensione anticipata con 42 anni e 10 mesi di contributi versati quel contribuente che si trova nella stessa condizione. Ma la problematica prima citata vale per tutte le misure pensionistiche. La cancellazione delle cartelle non ha alcuna salvaguardia per quelle relative ai contributi INPS. Infatti non si tratta di contribuzione accreditata comunque. E per determinati autonomi il rischio è maggiore. A volte il mancato versamento anche solo di un trimestre di contribuzione, produce il mancato accredito dell’intera annualità. Per evitate tutto ciò, il Consiglio dei Dottori Commercialisti suggerisce di provvedere a pagare queste cartelle. Ed a farlo entro il 31 marzo, in modo tale da eliminarle dal computo di quelle cartelle che rientrano nel perimetro della cancellazione.