Pensioni e rivalutazione 2023 e 2024, niente arretrati dalla Consulta, ecco i penalizzati che restano tali perché nulla verrà liquidato. Pensioni e rivalutazione 2023 e 2024, niente arretrati dalla Consulta, ecco i penalizzati che restano tali perché nulla verrà liquidato.

Pensioni: addio sogni, niente arretrati dalla Consulta, ecco i penalizzati che restano tali

Pensioni e rivalutazione 2023 e 2024, niente arretrati dalla Consulta, ecco i penalizzati che restano tali perché nulla verrà liquidato.

Nulla da fare e nessun arretrato spetta ai pensionati nonostante siano stati fortemente penalizzati dalla rivalutazione delle pensioni degli anni 2023 e 2024.

È questa la decisione della Corte Costituzionale sui cui banchi era finito un ricorso di un ex dipendente pubblico pensionato che evidentemente era stato vittima del pesante taglio della rivalutazione introdotto dal governo Meloni nei due anni di riferimento. Tutto nasce dal taglio della rivalutazione subita dalle pensioni sopra quattro volte il trattamento minimo.

Per via di un particolare meccanismo adottato e finito, come detto, sul banco degli imputati per presunta incostituzionalità. Ma la Consulta adesso dice che non c’è stato nulla di strano e nulla di illecito nell’operato del nostro esecutivo.

Pensioni: addio sogni, niente arretrati dalla Consulta, ecco i penalizzati che restano tali

Può un pensionato che percepisce una pensione piuttosto elevata come importo, finire con l’essere penalizzato su un meccanismo di rivalutazione delle pensioni che dovrebbe preservare in pieno il potere di acquisto dei trattamenti? La domanda sorge spontanea.

Ed è su questo che si muove il ricorso che adesso la Consulta ha deciso di bocciare. La sua presunta incostituzionalità riguarda l’articolo 36 della Carta Costituzionale.

Un articolo che sottolinea come una retribuzione debba essere commisurata alla qualità e alla quantità del lavoro svolto. Giusto prendere stipendi elevati se il lavoro svolto è tanto ed è di qualità superiore.
E se chi ha lavorato tanto ed ha svolto lavori di livello, è giusto che prenda pensioni elevate. Questo almeno è ciò che ha spinto l’interessato al ricorso ed è ciò che ha spinto alcuni tribunali a dare ragione al ricorrente tanto è vero che tutta la vicenda è finita davanti alla Corte Costituzionale.

Che però adesso ha dato ragione ai tagli, perché in effetti per una questione di equità sociale, sulle pensioni elevate, che sopportano meglio e meno drasticamente gli aumenti del costo della vita, chiedere sacrifici è lecito. Sicuramente continuerà a fare discutere il tutto, ma effettivamente questo in sintesi può essere interpretato come il pensiero dei giudici della Consulta dopo la sentenza.

Come funzionò la rivalutazione delle pensioni nel 2023 e nel 2024

La rivalutazione delle pensioni nel 2024 è stata impostata su un metodo assai particolare. Infatti il 100% della rivalutazione è stato utilizzato solo per le pensioni fino a quattro volte il trattamento minimo.

Nel 2024 le pensioni sono state incrementate al tasso d’inflazione in misura pari al 5,4%. Come dicevamo però, solo fino a quattro volte il trattamento minimo questa è stata la percentuale di aumento dei trattamenti. Poi per le pensioni più alte fino a cinque volte il trattamento minimo la rivalutazione è stata pari all’85% di quel 5,4%.

E poi ancora, al 54% per le pensioni fino a sei volte il trattamento minimo, al 47% per le pensioni fino a otto volte il minimo, al 37% per quelle fino a dieci volte e al 22% per quelle ancora più alte. Lo stesso meccanismo si adottò nel 2023 quando le pensioni aumentarono del 7,3%. In quel caso l’unica differenza era che per le pensioni sopra dieci volte il trattamento minimo la rivalutazione fu al 32% del 7,3%.

Tagli pesanti quindi di assegno per diversi pensionati. C’era la speranza che la Consulta desse ragione ai ricorrenti. Aprendo le porte a potenziali altri ricorsi dei pensionati. Oppure imponendo al governo di intervenire con un decreto ad hoc utile a rimborsare i pensionati.

Che attendevano con ansia la sentenza, ricordando quanto successe ai tempi dello stop alla rivalutazione voluto dalla Fornero che fu poi chiuso dal bonus Poletti, con i suoi rimborsi una tantum. Rimborsi inferiori alle perdite, ma fu pur sempre qualcosa. Un qualcosa che adesso non ci sarà, vista la decisione della Consulta.