E se alla fine il dopo quota 100 non fosse più necessario? Infatti si ragiona sul trovare misure che vadano a sostituire quota 100 limitando il danno che ne scaturirebbe in termini di allontanamento delle uscite, cioè l’ormai celebre e famigerato scalone di 5 anni.
Ma se alla fine si decidesse di rimanere ancora con la quota 100 in funzione? Al momento tutto lascia propendere verso ciò che è stato da tempo deciso, cioè verso la chiusura di quota 100 il 31 dicembre prossimo. Ma nel governo, o meglio, nella maggioranza di governo, ci sono fazioni, partiti e soggetti che non vedono così male la misura.
Quota 100 anche nel 2022, si può?
La quota 100 è nata con il primo governo Conte, quello con Matteo Salvini e Luigi Di Maio Ministri e al tempo stesso Vice Premier. Erano i tempi del governo gialloverde, quello con Lega e Movimento 5 Stelle in maggioranza.
E la quota 100, misura fortemente voluta dalla Lega, fu avallata dai grillini, probabilmente come pegno da pagare per il si della Lega al reddito di cittadinanza. Fatto sta che la quota 100 fu varata ed inserita nel decreto che comprendeva anche pensione e reddito di cittadinanza.
Ed al governo, adesso allargato ad altre componenti politiche (PD, Forza Italia ma non solo, perché in pratica ci sono solo Fratelli d’Italia e pochi altri seduti tra i banchi dell’opposizione), ci sono ancora Lega e M5S, c’è ancora Di Maio che adesso fa il Ministro degli Esteri e c’è soprattutto, in maggioranza, Claudio Durigon, uno dei più fervidi “tifosi” di quota 100 e al tempo stesso uno dei maggiori contestatori della Riforma Fornero.
E proprio da Durigon arriva una dichiarazione che sa quasi di contropiede, perché mentre si ragiona sul post quota 100, lui che è uno dei padri della misura, propone di continuare ad usarla anche nel 2022 e spiega che per lo Stato e quindi per il sistema pensionistico, sarebbe assolutamente sostenibile.
Cosa ha detto Durigon
Claudio Durigon, attuale sottosegretario all’Economia come si legge sulle pagine del quotidiano romano, Il Tempo, ha ridato slancio ad una idea che allo stato attuale delle cose sembra “pazza”. Secondo il rappresentante della lega continuare con quota 100 anche oltre la sua originaria scadenza di fine 2021 è fattibile.
E lo fa indicando anche come per il sistema la sostenibilità della misura sarebbe garantita, in barba alla corrente di pensione, piuttosto nutrita, che ha criticato duramente la quota 100 proprio per via degli elevati costi sul sistema.
Posizioni diverse di chi contesta la misura, ma che stridono rispetto ai dati che per esempio, anche la Corte dei Conti pochi giorni fa ha confermato. La quota 100 sembra sia stata una misura che non ha riscosso appeal sui 62enni, perché la maggior parte delle persone uscite avevano una età prossima ai 64 anni.
Inoltre le dotazioni finanziarie per la misura non sono state spese tutte, sinonimo che la misura non ha funzionato, almeno stando ai suoi detrattori. Ma allora perché considerare la quota 100 una misura da cancellare perché troppo costosa, se alla fine si dice che è una misura che non è piaciuta a molti?
Controsensi della politica e controsensi del sistema previdenziale nostrano, tutt’altro che facile da interpretare.
L’uscita dal lavoro con 62 anni di età e 38 di contributi secondo Claudio Durigon potrebbe allungarsi per lo meno fino al 2022. Per il sottosegretario, “costerebbe solo 400 milioni di euro e poi, nel post pandemia servirà flessibilità in uscita dal lavoro e l’Ape social a maglie più larghe ipotizzata dal governo non basterà. Ecco perché è bene che si inizi a ragionare per non rottamare la misura che, a dispetto delle critiche, ha funzionato”.
Per Durigon quindi, andrebbe ampliata la quota 100, perché come conferma anche la Corte dei Conti, sono usciti dal lavoro con la misura cara alla Lega, 316mila persone tra 2019 e 2020. Nello stesso periodo, la misura che piace agli altri partiti, l’Ape sociale, ne ha mandati in pensione solo 50.000.
Inoltre il sottosegretario dice la sua su una politica e un indirizzo in materia previdenziale e sulle tematiche del lavoro che sta prendendo la piega sbagliata. “Licenziamo ragazzi che si stanno formando e che dobbiamo sostenere con l’assegno di disoccupazione e contestualmente, teniamo dentro chi è demotivato e costa di più all’imprenditore. Sarebbe il caso di invertire questa logica”, questo in sintesi il ragionamento che fa Durigon, che continua a vedere nella quota 100 una soluzione anche per garantire un minimo di turnover lavorativo.