Il sistema potrebbe essere alle porte di una grande riforma delle pensioni e su questo, anche se dobbiamo usare il condizionale, di dubbi ce ne sono pochi. Il problema è che sarà una riforma che potrebbe essere diversa da come molti l’aspettavano.
Se qualcuno pensava a misure più favorevoli per il pensionamento, è fuori strada. C’è il rischio che qualcosa vada anche peggio del passato. In barba al superamento della riforma Fornero tanto sbandierato, si va verso l’ennesima tornata di inasprimenti delle pensioni.
Come abbiamo detto, usare il condizionale è d’obbligo. E meno male, perché gli scenari futuri sembrano allarmanti. Soprattutto dopo il XXIII rapporto dell’INPS appena pubblicato, qualcuno pensa che questo sia un assist all’ingresso nel sistema di nuove misure peggiorative rispetto al passato.
Pensioni di vecchiaia e pensioni anticipate: nel 2025 salgono ancora i requisiti, ma come?
Già c’erano i soliti problemi di cassa e di spesa pubblica. Da Bruxelles già sono arrivati diktat e imposizioni più stringenti sulla libertà di manovra per la riforma delle pensioni all’Italia. Adesso anche l’INPS con lo snocciolamento dei dati sulle pensioni nelle 410 pagine di cui è costituito il suo XXIII rapporto annuale, ha avvalorato la tesi che in Italia più che ridurre età e requisiti per le pensioni, forse sarebbe il caso di inasprire tutto.
Per le pensioni 2025, sia le anticipate che le pensioni di vecchiaia ordinarie, rischiano di arrivare cattive sorprese. A dire il vero da settimane si parla di inasprimenti. E il rapporto dell’INPS di adesso potrebbe avvalorare queste iniziative a gradimento zero da parte della popolazione. Perché se cambiano età e contributi per vecchiaia e anticipate si va verso un allontanamento sempre maggiore delle pensioni.
Conferme di Ape sociale e opzione donna
L’unica notizia positiva, anche se parliamo del minimo sindacale a cui aspiravano i lavoratori, è che dal governo arrivano rassicurazioni sulla permanenza nel sistema dell’Ape sociale, di quota 103 o di opzione donna. Sono tutte le misure che scadono il 31 dicembre 2024. Pare infatti che dal governo ci siano indicazioni sul rimandare all’anno venturo o entro la fine della legislatura, la riforma delle pensioni.
Ma dal momento che parliamo di una riforma peggiorativa, almeno stando alle ultime ipotesi, forse è meglio così. Nella migliore delle ipotesi quindi, nel 2025 i lavoratori si troveranno con le medesime misure di oggi. E non è una cosa negativa, soprattutto se guardiamo allo scenario peggiore, quello di una riforma delle pensioni che rischia davvero di allontanare ancora una volta le pensioni degli italiani.
Pensioni di vecchiaia e pensioni anticipate, cosa cambia con la riforma delle pensioni?
Anche se appare difficile già per il 2025, un’ipotesi porta all’ingresso nel sistema pensioni di una misura di pensionamento flessibile dai 64 anni ai 72 anni di età. Un’ipotesi che nasce da una proposta nata dal CNEL ma ancora da ufficializzare. E su cui bisogna comprendere se andrebbe a sostituire o ad affiancare la pensione di vecchiaia. Con questa novità già a 64 anni un lavoratore potrebbe andare in pensione ma accettando un taglio di assegno di almeno 3 punti percentuali per anno di anticipo rispetto ai 67 anni della pensione di vecchiaia. Ma almeno 25 anni anni di contributi è la novità che viene collegata a questa proposta. Un inasprimento di 5 anni rispetto alla contribuzione media che oggi è quella relativa alla pensione di vecchiaia ordinaria. Un inasprimento a cui aggiungere, infine, anche il vincolo di importo della prestazione che dovrebbe essere necessariamente pari o superiore ad 1,5 volte l’assegno sociale.
Pensioni anticipate o di vecchiaia, si aumenta
Il capitolo pensioni anticipate ordinarie invece, proseguirebbe con un inasprimento nascosto. Perché da un lato si confermano i requisiti di accesso alle pensioni che resterebbero quelli di oggi, con 42,10 o 41,10 anni di contributi rispettivamente per uomini e donne. ma se adesso sono già state inserite finestre di tre mesi per la decorrenza della prestazione, presto potrebbero arrivare a 6 o addirittura a 7 mesi.
Quindi, per la pensione di vecchiaia si va verso un cambio del requisito contributivo, per la pensione anticipata si va verso l’ennesimo cambio della decorrenza della pensione.